Cronaca

Chiesta la condanna a 2 anni per un attore di ‘Striscia la notizia’

IL SERVIZIO DI ‘STRISCIA’ – Avrà degli strascichi legali un servizio che, a suo tempo, un inviato di ‘Striscia la notizia’ aveva realizzato a proposito della compravendita di ‘patenti facili’. Il caso di Vittorio Brumotti ricorda quello di due ‘Iene’, Mirko Canala e Luigi Pelazzi, indagate per concorso in corruzione dopo aver condotto un’inchiesta sulle patenti nautiche. Dal canto suo, un attore del tg satirico ideato da Antonio Ricci sarebbe colpevole, stando alla Procura di Torino, di corruzione nella realizzazione del suddetto servizio. Brumotti si era infatti avvalso della collaborazione di un attore in qualità di complice: questi, munito di telecamera nascosta, aveva contattato una serie di autoscuole con l’intento di ottenere una patente di categoria ‘C’ dietro il versamento di una tangente; nel filmato, inoltre, si vedeva chiaramente come l’uomo, pur avendo fallito l’esame, aveva comunque ottenuto la licenza. A seguito di quel servizio, lo stesso attore aveva sporto denuncia presso la polizia locale.

I MOTIVI DELLA DECISIONE – Tuttavia, per questi fatti la Procura di Torino ha deciso di chiedere una condanna a due anni per l’attore originario di Settimo Torinese (TO). La tesi accusatoria si basa sul fatto che ‘la corruzione è stata ad ogni modo consumata e quindi si rientra in una delle fattispecie di reato’, nonostante si trattasse di un servizio giornalistico di denuncia. Antonio Mirabello, legale dell’attore, ha citato la vicenda che aveva coinvolto le due ‘Iene’ per difendere il proprio cliente:

“L’unico problema di questa storia è che il mio assistito ha effettivamente sostenuto la prova pratica di guida dopo aver avvertito a suo tempo le forze dell’ordine. Tuttavia, avrebbe finito per rovinare il servizio. A mio avviso, dunque, non sussiste la corruzione semplicemente perché manca il dolo”.

In attesa della sentenza, prevista per il 24 novembre, c’è da registrare anche il parere del Pubblico Ministero, Pasquale Padalino, secondo il quale

“la corruzione è stata consumata e non può essere giustificata da nessun altro tipo di esigenza”.

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