Economia

Disoccupazione: dal 1 Maggio arriva la Naspi. Vantaggi e svantaggi rispetto ad Aspi e mini Aspi

Il prossimo 1 Maggio cambierà ancora una volta nome l’attuale Aspi, il sussidio destinato alla disoccupazione, che assumerà la denominazione di Naspi, ovvero “Nuova assicurazione sociale per l’impiego”. Viene rivisto, dunque, il sostegno economico per coloro che si trovano senza lavoro, in seguito all’introduzione del Jobs Act, la riforma voluta fortemente dal governo Renzi per modificare il sistema del welfare.

La Naspi è un ammortizzatore sociale che andrà a rimpiazzare quelli attualmente in vigore, vale a dire l’Aspi e la mini-Aspi, che furono introdotti tre anni fa dalla riforma Fornero. Le cose cambieranno un po’ per i disoccupati con l’introduzione del nuovo sussidio, che garantisce importo e durata maggiori ma si rivela un’arma a doppio taglio per coloro che in questi anni hanno avuto lavori precari e discontinui. Questa categoria di lavoratori, infatti, rischia di essere penalizzata dalle nuove norme in materia di indennità.
I requisiti di base per usufruire della nuova Naspi sono tutt’altro che stringenti: è necessario aver lavorato per minimo trenta giorni nell’arco dell’ultimo anno e poter vantare almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni. Il criterio per ottenere il sussidio è stato reso decisamente più elastico rispetto a quanto avviene attualmente con l’Aspi, che permette di ottenere l’indennità con un anno di contributi alle spalle.
La Naspi si uniforma dunque alla mini-Aspi (la cui durata è, però, decisamente inferiore). E proprio in fatto di durata, la Naspi si rivela decisamente più generosa in confronto alla normativa attuale. La durata del nuovo sussidio, infatti, arriva a coprire un periodo equivalente alla metà delle settimane di lavoro dell’ultimo quadriennio (invece di un singolo anno come accade ora). Dunque chi ha lavorato in maniera stabile per 48 mesi e poi si ritrova disoccupato, avrà diritto ad una copertura di 24 mesi (che scenderanno, però, a 18 a partire dal 2017). L’Aspi prevedeva una copertura massima di dieci mesi per coloro che hanno meno di 50 anni, 12 mesi per chi ha superato questa soglia di età e 18 mesi per chi ha più di 55 anni.

All’interno della Naspi è però presente l’articolo 5 che esclude dal calcolo della durata dell’indennità i periodi di lavoro precedenti all’ultimo quadriennio, andando così a penalizzare chi ha lavorato con impieghi stagionali o a tempo determinato.
Con la Naspi aumenta la soglia massima dell’importo del sussidio, che sale dai 1.195 euro previsti fino ad oggi a 1.300 euro (naturalmente lordi). Viene presa come riferimento la media retributiva dell’ultimo quadriennio, quindi – con una formula un po’ più complessa rispetto a quella attuale – si divide lo stipendio per il numero di settimane di lavoro effettivo e il risultato dev’essere poi moltiplicato per un coefficiente fisso (4,33).
Con l’Aspi, invece, si calcolava il salario medio dell’ultimo biennio e l’indennità corrispondeva al 75% della media retributiva. Con entrambi i sussidi si verifica un taglio progressivo dell’indennità con l’andar del tempo. L’Aspi prevedeva una riduzione del 15% dopo i primi sei mesi di disoccupazione e un altro 15% dopo un anno. Con la Naspi l’assegno rimane pieno per i primi tre mesi, dopodiché si innesca una decurtazione del 3% ogni mese. In sostanza, dunque, la Naspi copre un periodo di tempo più lungo, ma dopo un anno e mezzo il suo importo si riduce quasi della metà.

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