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In “The iceman”, la storia del più letale killer d’America. Da domani al cinema (trailer)

The Iceman” è il nuovo film firmato da Ariel Vromen che porta sui grandi schermi la vita di Richard Kuklinski, uno fra i più feroci assassini seriali americani. La pellicola – che vede fra i protagonisti Ray Liotta, Winona Ryder, Michael Shannon, James Franco e Chris Evans – approderà domani, 5 Febbraio nelle sale italiane.

Nel film (le cui riprese risalgono a tre anni fa) viene narrata la storia del killer Richard Kuklinski, il cui volto è quello di Michael Shannon, a partire dai primi omicidi compiuti sino al suo arresto, datato 1986.
Come recita la locandina del film, Kuklinski è un marito amorevole e un padre molto protettivo verso i suoi figli, ma ciò non gli impedisce di essere al contempo anche un assassino senza scrupoli al soldo della mafia italo-americana. Per oltre 22 anni è riuscito a portare avanti la sua attività di killer sadico e dai modi brutali, che torturava le sue vittime prima di ucciderle. A dargli il soprannome di Iceman, ovvero uomo di ghiaccio, sono stati i giornalisti di stampa e tv, perché il primo dei cadaveri che furono collegati a lui rimase all’interno di una cella frigorifera per oltre due anni. E la freddezza di certo non gli mancava, nel momento in cui doveva commettere un delitto.
Per il suo film, il regista Ariel Vromen si è ispirato al libro “The Iceman: the true story of a cold-blooded killer” di Anthony Bruno, preferendo quest’opera alla biografia che lo stesso Kuklinski scrisse durante la sua detenzione. La scelta è ricaduta sul libro di Bruno poiché in alcuni passaggi il racconto viene leggermente ammorbidito, rendendo così il personaggio meno spietato, e probabilmente anche più appetibile per il grande pubblico.

L’opera di Vromen strizza l’occhio al film di Scorsese “Quei bravi ragazzi” (1990 e con lo stesso Ray Liotta tra i principali protagonisti), mostrando il lato più spietato e violento di Kuklinski, ma anche quella che l’assassino considerava la parte “sacra” della sua vita, vale a dire la propria famiglia, che era all’oscuro di tutto. Sino al momento dell’arresto da parte degli agenti federali, né la moglie né le figlie di Kuklinski sapevano nulla riguardo gli omicidi compiuti dall’uomo.
Alla base della sua crudeltà c’è un’infanzia turbata dalle violenza e dalle umiliazioni che il padre gli infliggeva e che gli spettatori possono vedere grazie ai flashback ai quali ricorre il regista per entrare più a fondo nell’animo del protagonista. In maniera ugualmente precisa viene tratteggiato il rapporto con la moglie, distaccato e privo di empatia. Da questo punto di vista l’interpretazione di Michael Shannon è eccellente nel rendere la personalità quanto mai contorta di Kuklinski, inquietante ma allo stesso tempo magnetica. Un individuo che racchiudeva il Bene e il Male in due sfere distinte, all’apparenza lontane una dall’altra, ma in realtà strettamente connesse e mescolate in un uragano di violenza e follia il cui epicentro tranquillo, ma sarebbe meglio dire ignaro, era la propria famiglia.

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