Curiosità

Medioevo: le tecniche di tortura più spaventose

Una delle pratiche più “dolci” era la gogna: una specie di collare di ferro fissato ad una colonna con una catena. Chi era alla gogna restava esposto nelle piazze e subiva la berlina; la gente poteva semplicemente deriderlo o fargli il solletico, ma anche picchiarlo o coprirlo di sterco.
Anche con la gabbia si esibiva il condannato. Si trattava di una gabbia di ferro o legno appesa ad una torre o al di fuori di alte mura in cui il torturato veniva rinchiuso per lungo tempo. Spesso, senza cibo né acqua e abbandonato alle intemperie e dilaniato dagli uccelli che strappavano la carne, vi moriva.
Un tormento applicato soprattutto alle donne accusate di stregoneria è quello dell’immersione: legate saldamente ad una sedia, venivano affondate in stagni o acque paludose, per spingerle a confessare. Sempre con l’acqua si torturava durante gli interrogatori, facendone ingurgitare grandi quantità fino a provocare dolore. La frase “sciacquare la bocca con il sapone” risale proprio all’uso medievale di far ingoiare acqua e sapone per “pulire” l’anima.

La pera (orale, vaginale o rettale) consisteva in uno strumento, dalla forma simile al frutto, i cui spicchi si potevano allargare; posto all’interno del corpo, veniva dilatato fino a squarciare le carni. Qualcosa di simile l’aveva pensato chi ha inventato la tortura del topo: un animale vivo inserito nella vagina o nell’ano, poi cuciti. Immenso il dolore provocato dal ratto che, alla ricerca di una via d’uscita, graffiava e rosicchiava.
Chi praticava lo scorticamento voleva generalmente punire i traditori: gli amanti delle nuore del re Filippo IV di Francia subirono questa condanna. Le tenaglie, invece, erano utilizzate arroventate per strappare i seni alle donne.

La tortura della cremagliera consisteva invece nel legare le braccia e le gambe della vittima ad un tavolo e poi passare sopra al malcapitato con un rullo che andava a slogare le articolazioni. A volte la persona ancora viva diventava preda degli uccelli. Altra terribile tortura era la sega, le vittime in questo caso venivano legate con la testa all’ingiù per far in modo di limitare la perdita di sangue e di farlo defluire al cervello, in questo modo si aumentava il tempo di agonia. Con la sega la vittima veniva tagliata partendo dall’inguine a volte solo fino all’addome a volte completamente.

La ruota ha sempre portato la vittima alla morte ma lentamente l’agonia poteva durare giorni. La tortura consisteva nel legare la vittima, braccia e gambe alla ruota, mentre la ruota girava il boia procedeva a rompere le ossa del malcapitato con un martello di ferro.

Hanno molto in comune la “Vergine di Norimberga” e le innumerevoli varianti di sedie dell’Inquisizione: ricoperte di pungiglioni, trafiggevano il condannato sottoponendolo a lunghe agonie. Tristemente famosa la prima: era una specie di contenitore a forma di uomo in piedi, che si apriva e chiudeva come un armadio.

Forse la peggiore tortura inventata è l’impalamento: consisteva nel trapassare il corpo del presunto colpevole con un palo cosparso di grasso per facilitare la penetrazione dal retto alla testa o alla gola. La trave veniva piantata nel terreno e il poveretto scivolava lungo il palo per il suo stesso peso moriva tra lunghe sofferenze spesso anche dopo giorni. Si pensa che Vlad l’Impalatore abbia utilizzato questo tipo di tortura migliaia volte.
Simile era la “culla di Giuda”, la vittima veniva sospesa con delle corde sulla punta, i genitali o l’ano venivano penetrati dalla punta acuminata. Il condannato rimaneva sempre in uno stato di veglia a causa dell’acume sottostante, e non si poteva rilassare. Per aumentare la sofferenza che poteva durare anche giorni al condannato venivano legati dei pesi alle gambe.

Altri due strumenti di tortura erano lo spacca testa o lo spacca ginocchio, nel primo la testa della vittima era posta con il mento su di un piano e la testa dentro una calotta, il boia girando la vite spaccava la mandibola, i denti, schiacciando anche i bulbi oculari. Lo spacca ginocchi, invece, era uno strumento costituito da punte che si conficcavano nelle ginocchia della vittima spaccando le ossa, non portava alla morte ma rendeva gli arti inutilizzabili.

Con scopo divulgativo ed educativo, alla tortura sono dedicati musei in Italia e all’estero. Nel nostro Paese, citiamo il Museo della Tortura a San Gimignano, Siena, Volterra e San Marino; il Museo Sotterraneo nel Castello di Mazzè, a Torino; il Museo Criminologico nazionale a Roma e quello della Criminologia e delle Armi antiche della Pusterla di Sant’Ambrogio a Milano. In Europa, da visitare il Torture Museum di Amsterdam, il Kriminalmuseum a Rothenburg in Germania e il Torture Instruments Museum di Praga.

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