Economia

Taci il nemico ti ascolta! Cosa cambia per il dipendente con il Jobs act in termini di controlli sul luogo di lavoro

Importanti novità sono emerse per quanto riguarda il Jobs Act, l’ormai famosa e tanto discussa riforma del lavoro attuata dal governo Renzi. Secondo quanto contenuto negli ultimi decreti, infatti, i controlli sui dipendenti saranno d’ora in poi molto più semplici.

Il testo di legge prevede nuove regole sui controlli a distanza, in particolar modo per quanto riguarda cellulari e computer aziendali. Al momento, il testo è al vaglio del Parlamento che ha tempo fino al 18 Luglio 2015 per esprimere il proprio parere non vincolante.
I rapporti tra imprese e lavoratori, dunque, cambieranno in maniera sostanziale, ma vediamo nel dettaglio come.

Rottamazione dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori

L’art.4 del 1970 recita, o quanto meno recitava:

Vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei dipendenti”.

Questo significava in parole povere che sino ad ora, qualora motivi di tipo organizzativo o di sicurezza richiedessero la sorveglianza a distanza dei lavoratori, l’azienda era tenuta a farlo solo dopo aver ottenuto un accordo con i Sindacati o, in assenza di questi, previa autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro. Nel caso in cui i decreti vengono approvati senza che venga apportata alcuna modifica, da domani, al contrario,  l’azienda potrà controllare i dipendenti anche senza il consenso delle associazioni sindacali o l’autorizzazione del Ministero del Lavoro. In particolare, i controlli si estendono a tutte le apparecchiature elettroniche fornite ai lavoratori, compresi tablet e telefoni cellulari, come anche i badge usati per l’ingresso e l’uscita dai luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda la sorveglianza a distanza con telecamere od altri apparecchi audiovisivi, resta ancora obbligatorio l’accordo con i Sindacati. Se non si dovesse verificare accordo tra le parti, per l’istallazione è necessario il consenso della Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero del Lavoro. In ogni caso, la questione della videosorveglianza resta, al momento, ancora giustificabile solo per fini di sicurezza.

Quali sono i rischi per il lavoratore

L’azienda, con i dati raccolti dall’analisi dei dispositivi elettronici e dalle telecamere, può decidere di assumere provvedimenti disciplinari. Questi provvedimenti vanno da un semplice richiamo ad una sanzione, fino ad un eventuale licenziamento.
I lavoratori verranno comunque obbligatoriamente informati dall’azienda su quanto concerne le modalità dei nuovi controlli. In più, l’impresa si impegna al rispetto della privacy dei propri dipendenti.

Quali sono state le reazioni dei sindacati

Come era prevedibile, i maggiori sindacati (CGIL, CISL e UIL) si sono mostrati estremamente contrari, reagendo in maniera dura e chiedendo un repentino cambio di rotta da parte del governo Renzi.
La leader della Cgil, Susanna Camusso commenta la norma parlando di vero e proprio spionaggio e profetizzando un “Grande Fratello” sul luogo di lavoro. Anche Annamaria Furlan, a capo della Cisl, si dice preoccupata e chiede maggiore chiarezza. Sulla stessa linea sono anche le dichiarazioni di Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil. Secondole parti sociali, inoltre, quanto previsto delle nuove norme è fortemente sbilanciato a favore delle aziende penalizzando l’interesse e la libertà dei lavoratori.
Il ministro del lavoro Giuliano Poletti nega la messa in discussione della privacy dei dipendenti, affermando che non si realizzerà affatto una sorta di Grande Fratello. Inoltre, rassicura i Sindacati che il loro ruolo rimane lo stesso per quanto riguarda i consensi alla videosorveglianza. Questi ultimi, però, rivendicano maggior chiarezza e chiedono che vengano illustrate più esaustivamente le tante parti ambigue presenti nella normativa.

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