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Da Londra al Jobs act, Renzi si gioca la “fiducia”

Matteo Renzi, con le sue dichiarazioni”anti-rigore” di Londra, incassa il placet del suo Partito, ma l’emendamento che sta per essere presentato inpParlamento riguardo al jobs act, e che si presenta  più “soft” rispetto a quello che era stato approvato nella riunione della direzione, potrebbe metterlo di nuovo contro gli esponenti della minoranza PD.

Il Premier ha cercato di mediare, tra quelle che erano le esigenze degli alleati di governo e quelle degli esponenti della sinistra del suo Partito, ed in queste ore i tecnici governativi sono alle prese con la scrittura dell’emendamento. Le parole che saranno usate in questo lavoro di riscrittura, faranno la differenza tra una possibile approvazione ed una rumorosa opposizione, ed il ministro Poletti, nella giornata di oggi, avrà incontri per discutere della questione, sia con alcuni “pezzi grossi” del Partito Democratico, che con gli alleati dell’esecutivo. All’interno del Governo non si esclude nemmeno la possibilità che sul job act possa essere messa la questione di fiducia, ed in alternativa resta sempre la strada che prevede l’emissione di un decreto legge, che farebbe divenire subito operative le misure contenute, senza aspettare i tempi necessari sia per le delega che per i “decreti attuativi” della stessa. Sulla possibile richiesta di fiducia su una “legge delega”, si è espresso negativamente Stefano Fassina, secondo cui si tratterebbe di un vero e proprio aggiramento del parlamento.

Intanto Matteo Renzi, che oggi si occuperà del problema, ha ottenuto un successo con il discorso di Londra, nel quale ha “assestato” un colpo alla cancelliera tedesca Angela Merkel. I suoi lo invitano addirittura ad “andare oltre”, e nelle file dei bersaniani, si chiede di poter “sforare” almeno di un punto la soglia del 3%, in modo da poter investire veramente delle risorse per rilanciare gli investimenti e completare la riforma del lavoro. L’intervento di Renzi, che ha ribadito autonomia dei governi nazionali nei confronti di Bruxelles, è stato giudicato come quello più impegnativo fatto dal Premier, dal momento del suo arrivo alla guida del Governo.

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