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Ed io pago… accordo Grecia–Ue, ma adesso chi ne sosterrà davvero i costi

L’accordo per evitare l’uscita della Grecia dalla UE (nonostante, proprio in queste ore, il Fmi si stia sfilando) è stato dunque raggiunto. I numeri del comunicato ufficiale parlano di nuovi aiuti per più di 80 milioni di euro, che dovrebbero essere scaglionati  nel corso di tre anni. Nello stesso comunicato vengono anche riassunti i contenuti dell’intesa, arrivata dopo una trattativa–fiume di 17 ore, la più lunga nella storia dei vertici dell’Unione Europea.

I numeri naturalmente sono di massima, ed infatti si parla di una cifra oscillante tra 82 e 86 miliardi di euro, per un accordo che deve ancora ottenere il consenso de Parlamento ellenico,  dopo aver ottenuto, all’unanimità, quello dei Capi di stato del vertice, e durante i prossimi mesi, quando si andrà nei dettagli specifici, potrebbero subire della variazioni. Una cosa appare comunque certa da una prima analisi: vale a dire la durezza, per il paese ellenico, di questo accordo che oltretutto resta subordinato a varie condizioni.
L’economista italiano Francesco Daveri, che lo ha esaminato, ha dichiarato che nei confronti di Tsipras & Co.  sono state avanzate richieste per soddisfare le quali ci sarà bisogno del massimo impegno, in materia di politica economica.

Andando nel merito delle cifre, in un primo momento, e cioè entro il prossimo 20 Luglio, l’Europa erogherà un “prestito ponte” del valore di 7 miliardi di euro, in modo da consentire al governo greco di pagare i debiti scaduti e non ancora pagati alla BCE ed al Fmi. Nel mese di Agosto, poi, un successivo “prestito ponte” di 5 miliardi di euro sarà erogato alla Grecia per permettere di “onorare” i pagamenti più urgenti. Non mancheranno nemmeno i soldi alle Banche, che otterranno una cifra che va dai 10 ai 25 miliardi di euro dall’Esm, il “Meccanismo Europeo di Stabilità“, che ha preso il posto del Fondo Salva-Stati. La cifra esatta verrà stabilita in base alle esigenze di ricapitalizzazione degli istituti di credito ellenici, con 10 miliardi disponibili immediatamente in un conto “segregato” della stessa Esm. Il costo di questo salvataggio  sarà comunque coperto, almeno in parte, da un fondo speciale nel quale il governo Tsipras farà arrivare tutti i proventi che deriveranno dalle operazioni di privatizzazione; l’obiettivo finale del governo ellenico è di ottenere una cifra di 50 miliardi di euro, di cui 25 da utilizzare proprio per le banche, e gli altri 25 per due obiettivi distinti come investimenti, e la riduzione del rapporto tra il debito ed il PIL, entrambi in quota del 50% dell’importo e cioè 12,5 miliardi di euro.
Nel documento dell’Ue si parla anche, ma in modo del tutto generico, di uno stanziamento da effettuare nei prossimi 3 / 5 anni, per un importo di 35 miliardi di euro, destinato a “smobilizzare” investimenti nel paese ellenico, con l’impegno delle autorità della UE di collaborare in modo strettissimo con il governo greco. Nessun ritocco al ribasso invece per l’entità del debito greco, anche se potrebbero venir ridiscusse alcune scadenze ed anche un abbassamento del tasso di interesse, il tutto comunque legato all’analisi delle riforme che saranno messe in campo dal Paese in difficoltà.

Ma, alla fine, in soldoni, chi pagherà, in prima persona i costi delle riforme previste nell’accordo? Si parla, infatti,di un aumento dell’età pensionabile, di liberalizzazioni, di incremento dell’IVA per quanto riguarda le isole, dove ora esiste un regime più favorevole, ed anche di “deregulation” del mercato del lavoro. Una serie di riforme da approvare rapidamente e che già hanno fatto registrare delle proteste nei confronti di Tsipras anche da parte di alcuni alleati e membri del suo partito. Nonostante il leader ellenico, mai così in difficoltà, si sia affrettato in tv a smentire le voci relative ad una riduzione stipendi e pensioni, pur ammettendo che l’aumento di tasse ed Iva inciderà in negativo sulle stesse, è evidente che ancora una volta sarà la gente comune costretta a sostenere maggiormente il sacrificio richiesto dall’Europa.
Infatti una delle misure che dovrebbero partire da subito riguarda l’aumento dell’IVA per le isole, in modo da aumentare le entrate attraverso la semplificazione delle aliquote, e l’incremento della base imponibile. Ad oggi in Grecia viene applicata una percentuale del 23% sul continente, mentre sulle isole si hanno varie aliquote, da un minimo del 5% ad un massimo del 16%. La protesta da parte dei sindaci delle città inbsulari è scattata immediatamente, ma una marcia indietro su questo punto appare improponibile, e si provvederà per scaglioni iniziando ad aumentare l’IVA nelle isole dove c’è maggiore afflusso turistico. Un altro provvedimento in approvazione entro mercoledì 15 Luglio è quello che riguarda le pensioni, con eliminazione immediata di quei trattamenti “privilegiati”, che riguardano alcune decine di categorie che potevano sinora andare in pensione anche prima del compimento dei 60 anni di età. Questo punto era stato già valutato ed accettato da Tsipras, ma anche in questo caso le proteste si stanno alzando. Per quanto riguarda le liberalizzazioni, si dovrebbero avere in diversi settori del commercio, come ad esempio le farmacie, e dei servizi, come i trasporti marittimi, molto importanti in Grecia, e ci dovrebbe inoltre essere la privatizzazione della Admie, la rete elettrica nazionale, o in alternativa la possibilità di una effettiva concorrenza per quanto riguarda il settore energetico.
Per quanto riguarda il settore del lavoro, infine, spazio a forme di maggiore flessibilità, che comportano anche maggiori possibilità di licenziamento, e riforma della “contrattazione collettiva”, un argomento che è stato fin da subito bocciato dai sindacati ellenici.

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