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Fecondazione assistita: interviene la Consulta, via il divieto per coppie con patologie genetiche

La famigerata, per molti, legge 40 che prevede norme stringenti in caso di procreazione assistita, riceve un altro colpo da una recente sentenza della Corte Costituzionale.

I supremi giudici con una sentenza che farà sicuramente discutere eliminano, infatti, il divieto di accesso alle tecniche di procreazione assistita per le coppie in età fertile, ma affette da patologie genetiche trasmissibili ai figli. I giudici hanno dichiarato inoltre l’illegittimità del divieto nell’accedere alle diagnosi propedeutiche all’impianto di fecondazione assistita.
La sentenza apre l’ennesima falla, su una legge che è vista da molti come una limitazione della possibilità di avere un figlio, ancorché affetti da malattie genetiche gravi. Dopo la sentenza di cui si attendono le motivazioni, soddisfazione è stata espressa dagli avvocati delle coppie che avevano avviato il procedimento dinanzi alla Corte.
Tutto, infatti, prendeva avvio dal rifiuto delle strutture ospedaliere, nell’eseguire la diagnosi pre impianto, a due coppie che sono dichiaratamente affette da problematiche genetiche gravi.

Di fatto adesso la legge 40 è stata smantellata in diverse parti, ciò è avvenuto come ha fatto notare Luca Gianaroli (consigliere generale dell’associazione “Luca Coscioni”) più per merito di sentenze che per volontà politica.
La Consulta si era già dichiarata sulla legge 40 eliminando l’obbligo di impianto di tutti gli embrioni in maniera contemporanea. La legge sulla procreazione era poi stata emendata in altre sue parti, in ottemperanza di sentenze emanate sia dalla Corte di Strasburgo che dalla Corte europea.
Nei dati la legge 40 è una delle più controverse degli ultimi anni, essendo stata “portata” in Tribunale per ben 33 volte. 

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