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Nuove regole contro la diffamazione a mezzo stampa

Palazzo Madama si appresta a votare il disegno di legge sulla diffamazione a mezzo stampa. Tutti i cinque articoli del provvedimento sono stati già approvati e il testo, già modificato nei giorni scorsi in commissione Giustizia, è stato integrato con alcuni emendamenti: tra questi, uno in particolare, presentano dal Movimento 5 Stelle, ha esteso, con parere favorevole del Governo, le misure sanzionatorie anche alle testate online, non limitandole ai soli periodici, quotidiani cartacei o alle agenzie di stampa.

Il testo all’esame dell’aula prevede una serie di punti, i principali dei quali sono:

– Lo stop al carcere per i giornalisti e la sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria; trattasi di uno dei nodi cruciali del nuovo testo. Qualora l’offesa consista nell’attribuzione a una determinata persona di un fatto falso, con la chiara consapevolezza della sua falsità, la sanzione può raggiungere la cifra di cinquantamila euro: in queste situazioni la rettifica può essere giudicata dall’autorità giudiziaria come eventuale motivo di non punibilità tanto dell’autore dell’articolo diffamatorio quanto del direttore.

–  L’obbligo di rettifica vale, come detto, non più solo per i giornali cartacei ma anche per quelli online.

– Il diritto all’oblio, misura che consiste nella possibilità, garantita all’interessato, di chiedere ai siti internet e ai diversi motori di ricerca la cancellazione di tutti i documenti contenenti materiale ritenuto diffamatorio o acquisito in violazione delle norme di legge. Qualora i responsabili dovessero negare la rimozione, l’interessato ha la facoltà di chiedere al giudice la rimozione forzata di suddetti contenuti.

Il disegno di legge in esame al Senato va a normare un settore molto delicato, oggetto in questi anni di aspre polemiche. La pena detentiva per i giornalisti, in particolare, è sempre stata ritenuta da gran parte degli addetti del mestiere una punizione eccessiva: molti si sono spinti a dire che questa misura sarebbe tipica dei regimi totalitari e non di una moderna democrazia come quella italiana.

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