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Stefano Cucchi: la Procura pronta a riaprire il caso

La sentenza del Tribunale d’Appello che ha assolto tutti gli indagati per la morte di Stefano Cucchi per insufficienza di prove di colpevolezza, ha fatto molto discutere il Paese, soprattutto i familiari del ragazzo, che hanno dichiarato di non volersi arrendere e di continuare a lottare per ottenere giustizia.

Le proteste e il malcontento, anche per le modalità con le quali si è arrivati a scrivere la sentenza di assoluzione, non hanno lasciato indifferente la Procura che, per voce del procuratore Pignatone, ha dichiarato la volontà di voler procedere con ulteriori accertamenti, non prima di aver incontrato la famiglia e i legali difensivi, leggendo con attenzione la sentenza d’appello e visionando gli elementi in mano all’accusa.

Pignatone ha dichiarato:

“Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato”.

Tutto questo mentre i giudici difendono e giustificano il loro lavoro, effettuato esclusivamente sulla base dei riscontri presentati in sede di giudizio, attraverso i quali, secondo il loro giudizio, non è stato possibile procedere con una condanna per colpa, sottolineando il fatto che, comunque, gli imputati non sono stati assolti con formula piena ma solo per insufficienza di prove, essendo il nostro un Paese garantista.

Sfruttando questo spiraglio lasciato aperto, i legali della famiglia Cucchi hanno annunciato il ricorso in Cassazione, portando nuovi elementi a supporto della loro battaglia, in grado di orientare il processo verso un’altra rotta, delineando i chiari indizi di colpevolezza a carico di coloro che, quella notte, presero in custodia Stefano Cucchi all’ospedale Sandro Pertini di Roma.

La famiglia, dunque, continua imperterrita nella sua battaglia di riconoscimento delle colpe da parte dello Stato: una lotta che ha connotazioni più civili e sociali che giuridiche.

Stefano Cucchi morì dopo 6 giorni di ricovero presso l’ospedale Pertini nel 2009: sono trascorsi 5 anni da quel giorno e i familiari ancora attendono di sapere la verità.
Il sindaco di Roma Marino, intanto, ha dichiarato la sua volontà di voler intitolare al ragazzo una strada nella Capitale, proprio quella che conduce al Palazzo di Giustizia, l’attuale via Golametto.

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