Misteri

Tumori: quando la mente diventa il peggior nemico

L’aver fatto in modo di associare a terribili malattie, quali cancro, malattie degenerative e AIDS,  l’idea della sofferenza atroce e della morte ha innescato nella maggioranza dei malati l’immagine di un orologio che gira alla rovescia e che li porta a chiedersi: “Quanto tempo starò ancora qui?”.

Quest’idea può diventare fissa e creare inconsciamente un progetto di morte che non potrà che essere portato a compimento.
Alla stessa conclusione si giunge prendendo in considerazione i dubbi sull’utilità di diagnosi e terapie contro i tumori dello psicologo clinico e sociale, Luigi De Marchi. De Marchi, chiacchierando con un caro amico, un medico anatomo-patologo veneto, manifestando queste domande si sentì rispondere:

“Sì, anch’io ho molti dubbi. Sapessi quante volte, nelle autopsie sui cadaveri di vecchi contadini delle nostre valli più sperdute, ho trovato tumori regrediti e neutralizzati naturalmente dall’organismo: era tutta gente che era guarita da sola del suo tumore ed era poi morta per altre cause, del tutto indipendenti dalla patologia tumorale”.

I dubbi, dopo il colloquio, divennero ancora più importanti.
De Marchi si chiese se fosse effettiva la diffusione del cancro negli ultimi decenni.
Oppure, volendo guardare la cosa da un’altra angolazione, se l’incremento del cancro non fosse invece legato allo sviluppo delle cosiddette diagnosi precoci su tumori che, fino a qualche anno fa, molte persone non si accorgevano neppure di avere e regredivano in modo naturale.

Come detto precedentemente, le domande che si pose vertevano sulla verità relativa all’incremento di mortalità portata dalla malattia cancro o, invece, facilitata dalla psicosi generata dall’angoscia della morte, di fatto, portata dalle diagnosi precoci, sommata al clima terrorizzante degli ospedali dove sono applicate terapie molto invasive e traumatizzanti oltre che tossiche.

Tutto ciò è confermato dai risultati di migliaia di autopsie eseguite in Svizzera su cadaveri, morti per cause diverse dal cancro. È emerso infatti che moltissime persone avevano uno o anche più tumori, ma neanche sapevano d’averli. In 38% delle donne comprese in un’età dai quaranta ai cinquant’anni presentavano un tumore in situ al seno, cioè un tumore ancora incapsulato, ancora chiuso e quindi non invasivo. In sostanza quando un tumore è in questa fase può rimanerci per anni e addirittura regredire.

Nella stessa ricerca il 48% degli uomini sopra i cinquant’anni rivelavano la stessa cosa nella zona della prostata. La totalità di uomini e donne avevano un tumore in situ alla tiroide.

Tutto ciò dimostra anche una verità che la stessa medicina conosce perfettamente e cioè che è nella norma sviluppare tumori, perché il corpo produce migliaia di queste cellule, ma che normalmente vengono fagocitate o distrutte dalle barriere immunitarie di un organismo altrimenti sano.

Molto interessante è anche la ricerca portata avanti per ventitré anni dal fisiologo dell’Università della California, Hardin B. Jones che ha provato sperimentalmente che chi non si sottopone alle solite terapie (chirurgica, chemioterapia e radioterapia) vive, nel peggiore dei casi, quanto chi si sottopone ad esse e normalmente anche molto di più. Ad esempio le donne con un tumore al seno che hanno deciso di rifiutare queste terapie vivono mediamente dodici anni e mezzo, quattro volte di più di coloro che si sono sottoposte.

Un altro importante studio pubblicato su The Lancet nel ’75, riguarda 188 pazienti con un carcinoma inoperabile bronchiale. I risultati hanno dimostrato che la vita media di quelli trattati con chemioterapia è stata di settantacinque giorni, mentre coloro che non si sono sottoposti ad alcun trattamento sopravvissero in media per centoventi giorni.

Da queste ricerche si evince che un malato di tumore che non segue le terapie in uso ha statisticamente una percentuale maggiore di sopravvivenza. Ciò detto le statistiche finiscono qui e non vogliono indurre nessuno a non farsi gli esami consigliati, e gli eventuali trattamenti oncologici ufficiali.

È altrettanto giusto comunque che l’opinione pubblica sia informata di notizie spesso oscurate e censurate, ma che sono necessarie per aiutare, a ragion veduta, la scelta terapeutica di ognuno.
Questa scelta deve sempre essere individuale: ciascuno deve assumersi la propria responsabilità, prendendo in mano la propria vita. Noi siamo e dobbiamo essere gli unici veri artefici della nostra salute senza lasciare nessun altro decidere al posto nostro.

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