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Il rapporto dell’AEA condanna l’Italia: il nostro Paese ha il record europeo delle morti premature per inquinamento

UN PRIMATO NEGATIVO – Più di 84mila decessi su 491mila totali in tutta l’Unione Europea nel solo 2012: è il dato impietoso che l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha ‘fotografato’ per quanto riguarda l’Italia. Questo è il numero delle morti dovute all’inquinamento atmosferico nel nostro Paese che, in una speciale classifica stilata a margine del suddetto rapporto e che comprende anche gli altri 27 Stati, detiene un poco invidiabile primato. I principali fattori di questa sorta di ‘inquinamento-killer’ sarebbero le elevate concentrazioni, negli strati più bassi dell’atmosfera, di biossido di azoto (NO2), polveri sottili (Pm2.5) e anche ozono (O3): tra le zone della penisola più interessate da questo fenomeno ci sono le regioni della pianura padana e, segnatamente, i centri di Milano, Torino, Monza e Brescia.

LA SITUAZIONE IN ITALIA – Il rapporto dell’AEA era finalizzato ad individuare il tasso di incidenza dell’inquinamento dell’aria sulle aspettative di vita degli abitanti di ciascun Paese: la maggior parte di questi decessi (403mila, di cui 59mila in Italia) sarebbe dovuto alle sole micropolveri sottili. Nelle città italiane in cui questo fenomeno è più marcato, sono stati infatti rilevati livelli di concentrazione delle micropolveri ben oltre la soglia-limite (25 microgrammi per metro cubo d’aria) fissata in ambito comunitario e raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); se invece si tiene anche conto della soglia minima (10 microgrammi) ecco che ad essere interessato è un numero ancora maggiore di grandi centri, tra cui Roma, Firenze, Bologna, Cagliari e Napoli.

Commentando il rapporto, il direttore dell’AEA, Hans Bruyninckx, ha spiegato che sono le malattie cardiache e respiratorie le principali patologie riscontrate nei vari casi di decesso. ‘Nonostante i vari sforzi compiuti, quello dell’inquinamento atmosferico rappresenta una vera e propria piaga in Europa -ha affermato Bruyninckx- dal momento che, oltre a un ingente costo sociale, comporta anche un incremento delle spese ospedaliere e un danno alla produttività lavorativa’.