Roberto Calasso (Firenze, 30 maggio 1941 – Milano, 29 luglio 2021) è stato un autore e editore italiano figura principale della casa editrice Adelphi
Era solo una una settimana fa, conversavo con un’amica sul mondo che finisce, il mondo di cui siamo partecipi e che conosciamo, e a un certo punto mi è venuto da dire «pensa se morisse Calasso, quella sì sarebbe la tragedia che archivierebbe il Novecento, per fortuna che Calasso è immortale», e invece no, Dalla è morto, Calasso è morto, meno male che è un’estate piovosa e i portici sono assai utili per non bagnarsi.
Il mio primissimo pensiero quando m’hanno detto che era morto Roberto Calasso è stato per me.
L’eredità più durevole di Roberto Calasso è quella che si vede sugli scaffali della mia biblioteca personale: in particolar modo narrativa e saggistica Einaudi tra i libri che ho comprato negli anni Ottanta e Novanta, e successivamente narrativa e saggistica Adelphi nel ventennio seguente.
La vita artistica di Calasso
Instagrammabili ancor prima di Instagram, gli Adelphi erano gli unici che davano spessore culturale anche ai salotti più esigenti. Nel 1962, a soli 21 anni, entra a far parte di un piccolo gruppo di persone che, insieme a Roberto Bazlen e Luciano Foà, sta elaborando il programma di una nuova casa editrice.
Inavvicinabile. Come quando disse un no senza pietà e ripetuto a Eugenio Scalfari, il quale sognava il logo con il pittogramma cinese «della luna nuova» per il suo “La ruga sulla fronte”. E in quel «no» c’è tutto il mito Adelphi.
Il fratello Gian Pietro, di quattro anni più anziano, regista, cresciuto attorno a Monicelli e Zeffirelli, ha dichiarato di adorare Billy Wilder e Kurosawa; Roberto Calasso in Allucinazioni americane stila un mausoleo in onore di Alfred Hitchcock.
Come quando disse un no impietoso e ripetuto a Eugenio Scalfari, il quale sognava il logo con il pittogramma cinese «della luna nuova» per il suo “La ruga sulla fronte”.