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Brexit, riprendono i lavori in Parlamento di Westminster

La Corte Suprema britannica ha decretato l’illegalità della sospensione del Parlamento di 5 settimane richiesta dal premier conservatore Boris Johnson, dichiarandola nulla di fatto. Per questo motivo l’aula di Westminster è stata riaperta formalmente oggi. L’esordio “Bentornati al lavoro!” dello speaker John Bercow (proveniente dalle fila dei Tory, ma che ha sempre sottolineato l’indipendenza del Parlamento e che ha annunciato le sue dimissioni a partire dal 31 ottobre) è stato salutato da un’ovazione dei deputati. Ora i giochi sono riaperti, tuttavia la questione rimane sempre complicata e aperta a nuove evoluzioni.
L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avverrà il 31 ottobre e, senza un accordo, sarà un’hard Brexit, capace di avere ripercussioni notevoli sull’economia e sui rapporti delle due parti in causa. Pochi giorni prima della sospensione dichiarata illegale, il Parlamento britannico aveva votato una legge che obbliga l’esecutivo a richiedere una proroga dei termini per il divorzio nel caso in cui non si raggiunga un accordo entro il 15 ottobre. Tuttavia il premier Boris Johnson ha affermato che non cambierà strategia sulla Brexit e che questa avverrà senza rinvii il 31 ottobre.
Ciò ha reso la giornata di riapertura del Parlamento britannico molto intensa. Le opposizioni non credono alle dichiarazioni del primo ministro Tory, secondo cui esistono alternative al cosiddetto backstop irlandese, volto a evitare il ripristino della frontiera tra l’Eire e l’Ulster, elemento in contrasto con gli Accordi del Venerdì Santo. Avversato dai brexiter perché comporterebbe la permanenza del Regno Unito nell’unione doganale europea, ha portato alla bocciatura del piano negoziato da Theresa May. Inoltre Johnson ha più volte dichiarato che l’Unione Europea è disposta a valutare le alternative al backstop, anche se finora le soluzioni prospettate non sono state adeguate. La riapertura del Parlamento ha quindi acceso un doppio scontro, tra il premier e il Parlamento e tra l’esecutivo e la Corte Suprema che, a detta di Johnson, non doveva intromettersi nella questione.