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Stress sul posto di lavoro? In Francia la proposta che il burn-out diventi una malattia professionale

Arriva dalla Francia una notizia che, molto probabilmente farà nascere diverse discussioni nelle prossime settimane, non solo all’interno del territorio transalpino.
Si tratta di una proposta fatta dal socialista Benoit Hamon, ex Ministro. Sostanzialmente, Hamon ha voluto chiedere il riconoscimento del “burnout” come malattia professionale. Con tale termine viene indicato un crollo psico-fisico che si può verificare nei lavoratori. Dopo essere stato “cacciato” dal Governo lo scorso anno, in quanto fedele all’ala sinistra del suo partito e, quindi, contrario alla svolta radicale prevista da quest’ultimo, lo stesso si è presentato con 3 emendamenti. Questi ultimi si riferiscono al progetto di legge “sul dialogo sociale” che, proprio in questi giorni, deve essere discusso all’interno dell’Assemblea nazionale. In pratica, secondo Hamon, il lavoro può portare le persone a stare male fino a distruggerne la normale esistenza. Se questo è determinato dal comportamento adottato dalle aziende, è “giusto” che le stesse aziende siano costrette a pagare. ”

Burnout” è un termine nato in Inghilterra che, in Italia, potrebbe essere tradotto come “esaurimento nervoso“. In Francia, viene definito come uno sfinimento sia di carattere emotivo che psichico, che porta ad una “disumanizzazione” del rapporto che una persona ha con il proprio lavoro. In base a stime recenti, si parla di rischio di burnout per un numero enorme di lavoratori, che supera i 3 milioni. In realtà, a vedersi riconosciuto tale stato, nel 2013, sono state solamente 239 persone che lavoravano come dipendenti. Questo è determinato dal fatto che occorre giudicare con assoluta perizia il caso singolo. In particolare, perché venga riconosciuto il burnout come tale, deve esistere una relazione diretta tra svolgimento del lavoro e malessere. Inoltre, l’invalidità causata dal lavoro deve essere maggiore del 25%. Soprattutto quest’ultimo è un requisito decisamente restrittivo, se è vero che una persona che ha la sfortuna di perdere una mano, viene dichiarata invalida al 20%.
Hamon chiede proprio una revisione dei criteri previsti, oltre ad auspicare un riconoscimento del burnout all’interno della lista che comprende le malattie professionali. Bisogna ricordare che, sempre in Francia, tra gli anni 2008 e 2009 si sono verificati 35 suicidi tra i dipendenti di France Telecom. Inoltre, i cittadini d’Oltralpe devono affrontare, come molti altri Paesi europei, il fenomeno della disoccupazione, con un numero di persone senza lavoro che si avvicina ai 1,5 milioni. Questo impone a molti ex lavoratori di essere quanto più possibile flessibili, accettando di rimettersi in gioco, di perdere i privilegi acquisiti in precedenza e di dover essere a disposizione anche quando finiscono le ore di lavoro (ad esempio vedendosi costretti a rispondere al cellulare o a guardare email aziendali anche da casa). Chi non riesce a gestire la situazione spesso finisce per crollare.

Sebbene la richiesta di Hamon abbia incontrato l’approvazione dei Sindacati (e l’opposizione delle aziende) è necessario che venga valutata con attenzione. Questo per evitare che si abusi di un suo possibile accoglimento, riconoscendo il burnout anche quando, in realtà, non esista. Le aziende vedono nel burnout un grande pericolo se dovesse rientrare tra le malattie professionali. Infatti, i costi connessi alle cure dovrebbero essere affrontati dalle stesse aziende e non più dalla sicurezza sociale pubblica. Quest, naturalmente, nell’intenzione di responsabilizzare maggiormente la parte datoriale, convincendo i titoliari a garantire migliori condizioni di lavoro.

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