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C’era una volta il mare: l’Ispra lancia l’allarme, la cementificazione si è mangiata un quinto di costa

Dall’Ispra, “Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale“, arriva una notizia allarmante in merito alla salute delle coste italiane.

In base ai dati forniti da tale organismo, infatti, sembrerebbe che la crisi non sia stata in grado di fermare il processo di “cementificazione” del nostro Paese, tanto da aver portato in questi ultimi anni ad una diminuzione dei chilometri di coste nella misura del 20%. Si tratta di un problema che potrebbe portare, in un futuro ormai prossimo, ad un grave dissesto idrogeologico.
Le informazioni, contenute all’interno del rapporto annuale sul consumo del suolo, parlano specificamente di una riduzione del 19,4% della parte di suolo che si trova a meno di 300 metri di distanza dalla costa. Gran parte di tale terreno è stata oggetto di interventi volti a cementificarlo.

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Per presentare tale rapporto è stato scelto l’Expo di Milano, all’interno del quale l’Ispra ha cercato di fornire un quadro attuale del territorio italiano. In particolare è stato indicato come, nel corso dello scorso anno, l‘Italia sia riuscita a perdere ben il 7% di coste. Ad allarmare è la cementificazione avvenuta negli ultimi 50 anni, con una differenza rispetto al periodo precedente di ben il 158%. Ad essere colpite sono soprattutto le aree agricole oggetto di coltivazione, in misura pari al 60%, mentre il fenomeno si riduce nelle aree urbane (si parla del 22%) e di terre “naturali vegetali”, per le quali la percentuale si riduce al 19%. L’Ispra ha voluto porre l’accento sul fatto di come si stia procedendo a cementificare anche le zone più produttive del mondo come, ad esempio, la Pianura Padana. Per quanto riguarda la responsabilità di tale trasformazione del territorio, è stata indicata nell’esistenza delle periferie urbane e in quella delle zone a bassa densità. Entrambe, infatti, sarebbero nate per far fronte al problema di città sviluppate in modo eccessivamente disordinato.

Sempre nel corso dell’incontro tenutosi all’Expo è stata anche stilata una classifica che ha avuto per oggetto le Regioni italiane nelle quali il “consumo” delle coste è più evidente.
Al primo posto si è piazzata la Lombardia, a pari merito con un’altra Regione del Nord Italia, il Veneto; per entrambe, il terreno oggetto di operazioni di cementificazione è stato il 10%. Nel caso in cui, però, si considerino solo i primi 300 metri dalla costa, è la Liguria a conquistare il triste primato. Non a caso, proprio la Liguria è stata oggetto recentemente di alluvioni che hanno portato a devastazioni, in particolare nella città di Genova.
Ad ogni modo, analizzando i dati forniti, è importante considerare come l’Istituto consideri “degradata” qualsiasi zona che sia stata oggetto dell’intervento dell’uomo e che non si presenti, pertanto, in condizioni naturali. Proprio tenendo conto di tale specifica è più facile capire per quale motivo le strade vengano considerate come uno dei principali fattori che portano al degrado del territorio. Da questo punto di vista, sarebbe possibile una “non degradazione del suolo” solo tornando ad un’epoca preistorica, nella quale non esisterebbero neppure le abitazioni.
A tal proposito, L’Ispra ha voluto anche fornire il suo pensiero proprio in merito alla scelta da parte delle persone di iniziare a vivere all’interno delle case. Questo evento, in base agli studi effettuati, avrebbe portato ad una modifica del carbonio causato dal consumo del suolo. Da questo punto di vista, solo considerando gli ultimi 5 anni, si è assistito ad emissioni per un ammontare pari a 5 milioni di tonnellate.

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