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Cristiano e paladino dei più deboli, ecco chi era Kenji Goto, l’ostaggio giapponese giustiziato dall’Isis

L’ultima vittima dell’Isis che l’Occidente sta piangendo, il nipponico Kenji Goto, era di fede cristiana. E proprio la sua appartenenza alla grande famiglia dei Cattolici lo aveva spinto, anche nello svolgimento del suo lavoro di reporter nel contesto siriano, a cercare di dare visibilità alle vittime di questo atroce conflitto. La notizia dell’appartenenza alla fede cristiana dell’ultima vittima dell’Isis di cui i terroristi hanno diffuso il video della decapitazione, rende quanto accaduto ancora più agghiacciante, perchè le motivazioni politiche si intrecciano a quelle di tipo religioso. Il giornalista nipponico, è stato confermato, faceva parte della minuscola comunità cristiana presente nel Sol Levante, pari a meno dell’1% della popolazione.

Il giornalista aveva deciso di abbracciare la fede cristiana nel lontano 1997, quando già da diverso tempo svolgeva il lavoro di reporter. Aveva preso la decisione di legarsi a quella che è la più importante e numerosa confessione evangelica del Paese, il cui nome è “United Church of Christ of Japan” e che può contare su circa 200 mila fedeli.
Questa scelta, connessa alla grande attenzione ed empatia verso le sofferenze dei più deboli e verso le tematiche pacifiste, le quali sono assai sentite dai Cristiani del Sol Levante, hanno da sempre inciso su quelle che sono state le sue scelte nell’ambito lavorativo e professionale. Aveva, infatti, dato vita a una propria società di produzione, slegata dai grandi network dell’informazione e che dedicava una particolare attenzione ai giovanissimi coinvolti loro malgrado nelle atrocità dei conflitti armati. Il suo lavoro e la sua attenzione per i bambini, lo hanno negli anni portato a raccontare il dramma dei bambini soldato in Sierra Leone, le atrocità commesse nei primi anni ’90 in Ruanda e la tremende condizioni di vita delle giovani sotto il regime dei Taliban e successivamente alla guerra in Afghanistan iniziata 14 anni fa.
Era partito per la Siria nell’autunno dell’anno scorso con in animo la volontà di riuscire a trovare un accordo con i terroristi perchè lasciassero libero l’altro Giapponese di cui poi è divenuto purtroppo compagno di prigionia e che è stato ucciso pochi giorni prima di lui, come testimoniato da un altro macabro video diffuso dall’Isis.

Prima di recarsi nel Paese, il giornalista, come riferito da un appartenente alla confessione evangelica di cui faceva parte dal 1997, aveva lasciato una sorta di testamento spirituale: in un video-messaggio affermava, infatti, di essere ben conscio dei rischi ai quali si andava ad esporre e che era assolutamente intenzionato ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Ad una rivista del suo Paese, a cui aveva concesso un’intervista prima di partire, aveva confessato di aver avuto modo, con il suo lavoro, di vedere cose e posti terrificanti, di aver più volte rischiato di morire, ma di essere sereno perchè Dio era sempre con lui e lo sarebbe stato anche in questo frangente.
La sua decisione di recarsi in Siria sollevò polemiche nel Sol Levante, tanto che quando si diffuse la notizia che lui e Yukawa, l’altro cittadino nipponico nelle mani dell’Isis, rischiavano di essere uccisi, entrambe le famiglie chiesero al Paese di:

“perdonarli per il fastidio arrecato”.

Ed effettivamente, inizialmente, l’opinione pubblica nipponica riteneva che i due avessero commesso una gravissima imprudenza ad andare in Siria, ma quando è stata diffusa la notizia che Goto era di fede cristiana e ciò che lo spingeva a recarsi nei teatri di guerra, l’atteggiamento nei suoi confronti è in parte mutato.

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