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Cyberbullismo: fenomeno in preoccupante crescita, un adolescente su 3 ne è vittima

Il cyberbullismo, cioè le persecuzioni, gli insulti e minacce realizzate via chat, sui social network od anche attraverso gli sms, è sempre più diffuso nel nostro Paese, con numeri in crescita, che nei 13enni hanno raggiunto una percentuale del 31%.

Questo  l’esito di una indagine, dal titolo “Abitudini e stili di vita degli adolescenti” che è stata realizzata nel 2014 dalla Società Italiana di Pediatria, che ha messo sotto la lente di ingrandimento un campione formato da più di 2100 studenti appartenenti alle terze medie inferiori. I risultati di questa indagine sono poi stati resi noti durante una manifestazione che si è tenuta nella capitale, gli “Stati Generali della Pediatria”, che la SIP (Società Italiana di Pediatria), ha realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato. Un altro aspetto del problema evidenziato dall’indagine è quello della mancata comunicazione con gli adulti:sono pochissimi gli adolescenti che ne parlano con i familiari o con gli insegnanti, facendo così rimanere sommerso il problema.
Circa il 31% degli adolescenti interrogati nel corso dell’indagine (percentuale che sale al 35% se si prendono in considerazione solo le femmine), hanno confessato di essere rimasti vittime di “cyber bullismo” almeno una, o in alcuni casi più volte. Restringendo il campione agli adolescenti che frequentano almeno tre “social network” diversi, o più, la percentuale sale fino a superare il 45%, facendo così comprendere come nessun social network sia esente da questo problema. Nello stesso tempo questo dato è una conferma che le maggiori criticità si riscontrano in presenza di un atteggiamento eccessivo nella frequentazione dei social, indice di una tendenza dell’individuo al “virtuale” poco equilibrata o , talvolta, di altre dipendenze.
Dall’indagine, che ha preso in considerazione anche la tipologia degli atti di cyberbullismo, si evince che i più frequenti siano rappresentati da  minacce e insulti, indicando come fonte maggiore i social network  (39,4%) contro il 38,9 delle chat ed il 29,8% dei casi legati agli sms. Altre modalità sono legati alla pubblicazione o l’invio di fotografie e/o di filmati che recano offesa alla persona, ma anche la creazione di “profili” fasulli sui social. Nel primo caso si raggiunge una percentuale del 15%, nel secondo del 12,1%.

La stragrande maggioranza degli adolescenti, come detto, non parla con gli adulti; circa il tipo di comportamento adottato dagli adolescenti vittime di cyberbullismo, la grande maggioranza, 60% per quanto riguarda i maschi e 49% per quanto riguarda le femmine, dichiara di difendersi da solo; mentre circa il 14% ha preferito parlare del fatto con un amico. Non manca chi ( circa l’11,7%)  ha subito il cyber bullismo senza reagire. Minima, quindi, lo una piccola percentuale (circa uno su 6,  il 16,8%) che si è aperto con un adulto, in alcuni casi uno dei genitori, in altri un insegnante. Esigua, invece, la percentuale di chi ha sporto una denuncia presso la Polizia Postale, insieme ai familiari.
La difficoltà a coinvolgere in questo problema le figure degli adulti, resta pertanto evidente, e nella loro analisi i ricercatori hanno voluto confrontare le risposte alle stesse domande, fornite sia da chi ha dichiarato di aver subito degli atti di cyber bullismo, sia da chi ha dichiarato di non averne mai subiti. Da questa analisi emerge chiaramente ‘incidenza delle “buone intenzioni”  rispetto alla realtà. Infatti il 40% degli adolescenti che non ha subito nessun atto ha dichiarato che nel caso lo subisse, lo comunicherebbe ad un adulto, mentre si attesta solo al  28% la percentuale di chi confessa che si difenderebbe da solo, dati nettamente in contro tendenza rispetto a campione reale. Questo scostamento tra “teoria e pratica” inoltre è maggiore rispetto ad analisi dello stesso tipo fatte in passato, quando gli adolescenti erano stati interrogati riguardo al “bullismo” tradizionale.
Uno psicoterapeuta specializzato in adolescenza ed infanzia, Fulvio Scaparro, ha provato a spiegare questo fenomeno, dicendo che questo diverso atteggiamento tra teoria e pratica si trova non solo negli adolescenti, e che tutti sono più “illuminati” nei casi teorici, mentre lo siamo molto meno quando si passa alla pratica. Nei casi presi in esame, inoltre, l’adolescente nel comunicare il problema ai genitori, si trova costretto a far entrare i genitori stessi nel suo “mondo” sui social network, universo che invece normalmente tende a tenere per sé e che potrebbe comprendere anche suoi atteggiamenti errati rispetto ad altri argomenti.
L’indagine ha messo in luce quindi una preoccupante situazione di solitudine per la maggior parte della vittime che deve spronare, secondo il presidente della SIP, Giovanni Corsello, a rafforzare gli strumenti a sostegno degli adolescenti, come la Polizia e la SIP stanno cercando di fare.

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1 Comment

  1. […] Il Sindaco ha voluto porre l’accento su come sia assolutamente necessario che tutti si adoperino in questa operazione di divulgazione, al fine di riuscire a fare un passo decisivo nella lotta per risolvere problematiche gravi come quella del bullismo e dello spaccio di stupefacenti tra i giovanissimi. Per rafforzare il proprio appello Agnelli ha ricordato come le statistiche abbiano messo in luce il fatto che il fenomeno del bullismo risulta molto più diffuso di quanto si possa pensare: vi sarebbe infatti coinvolto, nel ruolo di vittima o di carnefice, almeno un ragazzino su tre. […]

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