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Africa, le piccole oasi contro il Sahara: il progetto di un “muro verde” per fermare l’avanzata del deserto

La “grande muraglia verde”
Come evidenziato da alcuni reportage negli ultimi tempi, nelle aree del Sub-Sahara si stanno rivelando tutt’altro che utopici i progetti, lanciati tempo addietro, che mirano a combattere la desertificazione nel cuore del continente africano e anche a ridurre il volume dei flussi migratori. Un esempio è quello del villaggio di Koyli Alfa, in Senegal, dove ora sorge un’oasi rigogliosa con tanto di orti e spazi in cui far pascolare gli animali, dettaglio non trascurabile dato che i prodotti di queste piccole forme di agricoltura e allevamento forniscono sussistenza e danno lavoro a decine di persone. Eppure, questo non è l’unico caso virtuoso di una zona di terra arida strappata all’implacabile espansione del Sahara e i promotori del cosiddetto “Great Green Wall” auspicano che l’iniziativa prenda sempre più piede.

Contrastare i flussi migratori
Lanciato dalle Nazioni Unite, questo progetto che mira in futuro a dare vita a una vera e propria muraglia di alberi e vegetazione è uno dei più ambiziosi tra quelli promossi in favore del Continente Nero per i prossimi anni: a partire dalla cifra stanziata (si parla di oltre 8 miliardi di dollari), si nota come il “Great Green Wall” dovrebbe interessare 13 Stati, anche se l’idea del muro potrebbe trarre in inganno, dato che più realisticamente ci si propone di far sorgere, a macchia di leopardo ma ben distribuite, una serie di oasi non solo in Senegal, ma anche in tutto il Sahel (la cui traduzione è “bordo del deserto”, ovvero quella striscia di territorio compresa tra il Sahara a nord e la savana del Sudan a sud).

Insomma, non solo lotta ai cambiamenti climatici e alla povertà, ma anche una strategia per ridurre i flussi migratori garantendo alle popolazioni locali di poter lavorare e vivere in condizioni dignitose, senza quindi intraprendere dei viaggi che contribuirebbero solo all’ulteriore spopolamento di quest’area. “I nostri giovani non partono perché qui non hanno nulla” ha raccontato a tal proposito Souleymane Jules Diop, uno dei più importanti ministri del governo senegalese, “ma perché cercano qualcosa di meglio all’estero”.