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Germania, gigantesca caccia all’uomo dopo la strage di Berlino

CACCIA ALL’UOMO – In una capitale ancora scossa dai fatti di sangue che hanno fatto piombare la Germania nell’incubo del terrorismo di matrice jihadista, le forze della polizia tedesca e i reparti speciali hanno dato vita a una gigantesca caccia all’uomo: ad essere braccato è Anis Amri, 24enne di origine tunisina, sospettato di aver rubato un tir (sbarazzandosi del conducente polacco) e di aver ucciso 12 persone travolgendole lungo il Kurfürstendamm, uno dei viali di Berlino che ospita i tradizionali mercatini natalizi.

Tuttavia, nelle ultime ore, a finire in manette sono stati altri quattro uomini, ritenuti complici di Amri: il blitz antiterrorismo, secondo quanto riporta il tabloid inglese Sun, è avvenuto in un campo nomadi vicino a Emmerich am Rhein (Renania Settentrionale-Vestfalia), dove l’attentatore avrebbe vissuto per un certo periodo.

RICOSTRUITI I MOVIMENTI DI AMRI – Dopo che la pista iniziale (quella relativa ad un cittadino pakistano dimostratosi poi innocente) si era rivelata sbagliata, i sospetti sono ricaduti su Amri. Le scoperte fatte sul suo conto, e successivamente trapelate sui principali quotidiani tedeschi, hanno riaperto il dibattito politico non solo sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza dei clandestini (la “Willkommens und Anerkennungskultur” promossa dalla cancelliera Angela Merkel), ma anche sulle possibili falle del sistema di sicurezza. Infatti, il ragazzo tunisino non aveva il diritto d’asilo in Germania e, stando a quanto si apprende, avrebbe trascorso quattro anni in un carcere italiano per aver dato fuoco a una scuola: arrivato nel nostro Paese nel 2011 dalla Tunisia, Amri sarebbe entrato in Germania nel 2015 pur non seguendo le tradizionali rotte “balcaniche” che portano milioni di profughi dalla Turchia e dalla Siria verso l’Europa. Inoltre, il sospetto attentatore era già ricercato in diversi Paesi dell’Unione per via dei suoi legami con Ansar al-Shari’a, un gruppo terroristico affiliato all’ISIS che aveva rivendicato la strage compiuta sulla spiaggia di Sousse nel giugno del 2015.