Misteri

Mortali ma viviamo come se non lo fossimo, uno studio spiega il perchè

Il concetto di infinito ed eterno è, probabilmente, incomprensibile per l’ uomo, poichè si tratta di qualcosa che non ha confini e la nostra mente, al contrario, essendo limitata per Natura può solo esprimere questo pensiero sulla base del proprio modello di tempo. Eppure, pur sapendo di essere mortale, l’uomo vive e si comporta da ‘immortale’ facendo progetti nel presente e per il futuro. Cosa ci dà la forza di progettare per domani e ancora dopo, pur non avendo la certezza di esserci? Da dove viene questa forza?
La consapevolezza di essere mortali c’è, ma è censurata dalla nostra ragione, se non quando ci troviamo in una situazione di pericolo. Qualcuno dice che la morte, in realtà, non esiste.

Da dove nasce questa convinzione di eternità? dalla nostra cultura? o ha radici nel nostro istinto?
Uno studio di ricerca condotto dalla dottoressa Natalie Emmons, della Boston University, ha messo in luce che il concetto di ‘vita eterna‘ si instaura nei primi anni di vita del bambino.
Lo studio ha messo a confronto due tipologie culturali differenti: una influenzata dalla Religione, le cui credenze rimandano al Divino e al concetto d’ immortale; l’ altra di tipo indigeno, quindi comandata dagli istinti della natura.
L’ indagine ha preso in esame 238 bambini ecuadoriani, ai quali sono state mostrate immagini sulla gravidanza e sulla nascita. I ricercatori hanno chiesto ai fanciulli di immaginare la propria esistenza prima del concepimento, durante la gravidanza e poi oltre la vita. Le riposte sono state sorprendentemente simili, nonostante le dottrine culturali diverse.
Il senso di eternità è emerso evidente, in quanto nessun bambino ha escluso dalle proprie risposte la vita prima del concepimento e poi, dopo la morte. Le risposte dei bambini sulla morte contengono, però, informazioni forse contaminate dai bisogni del nostro corpo terreno: secondo la loro proiezione, oltre la vita, si avrà ancora fame e sete.
La professoressa di Psicologia Deborah Kelemen, all’ Università di Boston, è coautrice di questo studio e afferma:

‘I dati raccolti diventano importanti per capire la struttura della mente umana e aspetti universali del nostro ragionamento’.

La conclusione è che il concetto di immortalità risiede nella nostra Natura.

Le radici cognitive della religione, dunque, prenderebbero origine dal nostro modo di pensare innato e poi appreso per domare la nostra anima in previsione di una vita ultra terrena? Molti modelli religiosi guidano l’ uomo verso il contenimento dei propri istinti, dalla religione Cristiana a quella Musulmana e Buddista che insegna a raggiungere l’ Om attraverso la repressione dei bisogni fisici.
L’ incontro con l’ Rterno è spesso associato al Divino, modello infinito di perfezione che non ha fame e non ha sete o che sfama e disseta.
L’ oltre-vita o la reincarnazione sono desideri mossi dall’ uomo per raggiungere la conoscenza del tutto ‘divina’, che solo un Essere Altissimo può vedere e sapere in base alla sua elevata prospettiva?
Le parole parole della Professoressa Kelemen si limitano a  rimandare alla mente dell’ uomo come ad un prodotto del proprio cervello, ma in ogni caso l’ idea di essere un’ entità anche al di fuori del proprio corpo, è qualcosa, che pare accomunare ognuno di noi.

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