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Muore Carmine Schiavone, il boss dei Casalesi

Carmine Schiavone si trovava in una struttura ospedaliera da una decina di giorni, in seguito a un incidente domestico e qualche giorno fa era stato sottoposto a intervento chirurgico. Ieri è rimasto vittima di un arresto cardiaco che non gli ha lasciato scampo. Ovviamente, l’autorità giudiziaria ha disposto l’esame autoptico e sequestrato la documentazione clinica, perchè l’ex boss sembrava essere in buone condizioni di salute nonostante l’incidente di cui era rimasto vittima.

Se ne va uno dei personaggi senza dubbio più complessi e sfaccettati della criminalità organizzata italiana: un uomo dall’indole ambigua, dotato di un grande carisma e della capacità di fare scelte sorprendenti. Se nelle sue deposizioni è sempre stato molto dettagliato, nei suoi colloqui con i mezzi d’informazione sembrava quasi svestire i panni del testimone per vestire quelli da opinionista. Quello che è certo è che grazie a lui l’Italia è venuta a conoscenza di una delle mafie più forti e spietate del panorama internazionale.

Schiavone è stato tra coloro che ha dato vita al clan dei Casalesi e fu scelto come uomo per gli appalti e i rapporti con la politica e il mondo imprenditoriale. È stato amante della bella vita, arrivando a spendere anche 300 milioni delle vecchie lire in un solo anno. Tuttavia alla passione per il lusso e per le donne ha sempre unito la capacità di rimanere in piedi e a scamparla nelle varie faide tra famiglie rivali.

La sua capacità di attraversare indenne le varie generazioni di boss è dovuta anche ad alcune regole che ha imposto a se stesso e ai suoi fedelissimi: niente vendita della droga nella zona di Casal di Principe, niente violenza su minorenni alcune di queste “norme” che ne hanno fatto un padrino rispettato e temuto.

Tuttavia a un certo punto la fortuna gli volta le spalle e probabilmente a causa di una soffiata finisce in carcere. Dopo aver ottenuto i domiciliari si rende latitante ed è in questo periodo che arriva la condanna a 7 anni per il possesso delle armi che erano state precedentemente utilizzate in una strage di camorra. Tuttavia, la sua latitanza dura poco e ancora una volta il suo arresto gli pare frutto di una soffiata. Alla fine, quando è in carcere, scopre che a capo dell’organizzazione è arrivato quel “Sandokan” che lui aveva forgiato: è stato lui a metterlo fuori gioco e gli viene fatto capire che non è stato ucciso semplicemente per il fatto di chiamarsi Schiavone.

A questo punto Carmine  decide di diventare un collaboratore di giustizia e dalle sue dichiarazioni nascerà il cosiddetto processo “Spartacus”, che fa cadere il velo sull’esistenza di un clan, quello dei Casalesi, tra i più potenti del mondo e che cerca di ucciderlo senza riuscirci. Carmine Schiavone deve subire anche la violenza verbale dei propri familiari, che letteralmente lo ripudiano.
Il suo nome resterà per sempre connesso alla cosiddettaterra dei fuochi e al tremendo sistema con cui la camorra avrebbe avvelenato un’intera zona della Campania.

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