AttualitàMondo

Turchia: è guerra ai social. Niente accesso a Google, Twitter, Youtube, colpevoli di aver pubblicato foto Pm ucciso

La Turchia, ancora sconvolta dagli avvenimenti della scorsa settimana, che hanno prima portato al sequestro e all’uccisione di un Pm e, successivamente, agli spari che hanno avuto come obiettivo il pullman della squadra di calcio del Fenerbahce, si è trovata ad affrontare per alcune ore un attacco alla libertà di stampa.

È stato un Tribunale a richiedere il ritiro, da parte di Google, delle foto che ritraevano proprio Mehmet Selim Kiraz, il Pm ucciso nel corso del blitz della polizia. In caso di rifiuto da parte dell’azienda, la minaccia era quella di bloccare il sito in territorio turco.
Secondo le indiscrezioni fornite dall’agenzia “Anadolu“, non è stato più possibile raggiungere il social media a partire dalle ore 1:30 locali. Oltre a Google, ad essere sottoposti ad un’attenta analisi da parte delle autorità turche sono stati anche Twitter, YouTube e Facebook. Si tratta di quelle piattaforme che avevano permesso la pubblicazione delle foto del cadavere del Pm, facendo irritare il leader Recep Tayyip Erdogan.
Il Tribunale che ha richiesto a Google la rimozione delle foto si è giustificato, indicando come la decisione fosse inevitabile dopo le “numerose denunce” ricevute dai cittadini turchi. Se Facebook è stato bloccato per un paio di ore, anche Twitter ha dovuto adeguarsi per poter essere riattivato; nel primo caso, il social network ha dovuto rimuovere le foto mentre, nel secondo, sono arrivate le garanzie da parte dei legali sulla successiva rimozione a convincere le autorità. L’unico sito a rimanere oscurato è YouTube.

Per quanto riguarda l’immagine incriminata, questa mostrerebbe il Magistrato bloccato da uno dei rapitori, che gli punta una pistola alla tempia. È stato Ibrahim Kalin, che agisce come “portavoce della presidenza”, a voler chiarire il perché dell’operazione di censura. In particolare, questo deriverebbe dal fatto che le testate incriminate hanno agito senza considerare che le immagini potessero essere viste come una vera e propria propaganda al terrorismo.
Ovviamente, una decisione del genere non poteva che scatenare le reazioni più veementi da parte dei cittadini turchi e non solo. Marietje Schaake, eurodeputata olandese, ha voluto porre l’accento sul fatto che il divieto di accedere ai social è stata una risposta esagerata da parte delle autorità. Proprio su Twitter, invece, è stato inserito un hashtag dal titolo “#TwitterisblockedinTurkey“, la cui intenzione era quella di mostrare solidarietà verso il popolo turco.

Nello stesso momento sono apparsi in rete numerosi consigli per permettere agli utenti residenti in Turchia di aggirare il blocco imposto. In questo ambito, il suggerimento più quotato era quello di cambiare le impostazioni del “server Dns”, in modo che non potesse essere riconosciuto da dove avveniva l’accesso.
Un secondo consiglio era quello di procedere all’installazione di una Vpn, ma molto gettonato era anche l’impiego di Tor, che rappresenta un sistema che permette di comunicare in modo assolutamente anonimo. Tutte queste indicazioni hanno permesso, nelle ore del blocco, di postare 3 milioni di tweet da parte di cittadini turchi. Quello della censura alla libertà di stampa, in Turchia, sta diventando un problema di grandi dimensioni; il blocco imposto ai principali social network potrebbe estendersi a numerosi altri siti (si parla di circa 166), che avrebbero pubblicato le foto del cadavere del Pm.
Le prime avvisaglie del pugno duro delle autorità si erano viste già in occasione dei funerali dello stesso Mehmet Selim Kiraz. Diversi quotidiani (ma anche delle televisioni) si erano visti negare la possibilità di partecipare alle esequie, in quanto colpevoli di aver pubblicato precedentemente la foto incriminate.

Leave a Response