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Allarme tra gli italiani a Mosul per un possibile attacco dell’Isis

Fonti di intelligence “qualificate” hanno diramato la notizia di un imminente attacco da parte delle forze dell’Isis contro la diga di Mosul, un’infrastruttura che ricopre un ruolo “strategico” per l’Iraq, e sulla quale si stanno svolgendo delle opere di consolidamento che sono portate avanti da una ditta italiana, la Trevi di Cesena. Questo ha provocato allarme tra gli italiani presenti, sia dipendenti dell’impresa che i soldati della task force “Presidium”, schierata nella zona proprio per proteggere il personale che sta eseguendo i lavori sulla diga.

Il sabotaggio della diga di Mosul provocherebbe certamente una catastrofe, sia dal punto di vista umanitario che da quello ambientale e questa installazione è da sempre sotto gli occhi sia dell’Isis che vorrebbe sabotarla, che delle forze di intelligence che la vogliono proteggere. Secondo quanto si capisce dalle notizie filtrate, quello contro Mosul potrebbe essere l’attacco più imponente mai realizzato dalle forze del califfato in Iraq.

I militari italiani che compongono la “task force” sono circa 500, ed hanno iniziato ad arrivare in zona già dal mese di aprile, compiendo fin dai primi giorni molte attività di ricognizione sul territorio e preparazioni tecnico-logistiche. Il via vero e proprio dei lavori di consolidamento della diga è previsto a breve, e proprio per questo lo Stato Islamico avrebbe preparato un attacco in “grande stile”. Attacco che avrebbe impegnato molti terroristi nella sua preparazione per diversi mesi, e conta sull’effetto sorpresa.

In effetti non ci sono stati in questi ultimi giorni i soliti proclami sul web da parte dell’Isis e questo è avvenuto in tutte le occasioni che hanno preceduto attacchi. Le fonti di intelligence hanno però notato molti movimenti in zona da parte di miliziani, che hanno fatto “drizzare le antenne” a chi deve prevenire le mosse dell’Isis.

La diga di Mosul che si trova a soli 50 chilometri dalla città omonima, che è anche la capitale irachena dello Stato Islamico, dovrebbe essere attaccata da un gruppo di circa 200 miliziani, quasi un esercito, che attualmente sarebbero dislocati, in vari gruppi, in villaggi della zona. Questi uomini formerebbero una unità “multinazionale”, comprendendo miliziani provenienti da Russia, Francia, Tunisia e Libia. Quello che viene ritenuto la mente organizzativa di questo attacco, è un tunisino, Saleh Bin Ahmed al-Harbi, mentre alla testa dei miliziani, sul campo, ci sarebbe Abdel Aziz Hussein al-Mashadani.