Economia

Riforma del lavoro: fine dell’art.18? Governo al lavoro sul contratto a tutele crescenti

Per quanto riguarda il “Job Act“, il governo Renzi, ha presentato presso la commissione del Senato che lo sta discutendo, un emendamento che per quanto riguarda i neoassunti, prevede un contratto definito a “tutele crescenti“.

In sostanza non si tratta di un nuovo tipo di contratto, ma di quello a tempo indeterminato, che vede crescere le “tutele” dei lavoratori in base all’anzianità di servizio in azienda. L’emendamento riguarda l’articolo 4 della delega e la sua presentazione ha come effetto l’apertura della strada che porta a superare il famoso e tanto discusso “articolo 18“, quello che regola i licenziamenti effettuati “senza giusta causa”. Nelle intenzioni del Governo questo tipo di contratto dovrebbe divenire la principale forma per quanto riguarda l’ingresso nel mondo del lavoro, e contribuire a “sfoltire” la grande mole di tipi di contratto attualmente esistenti, circa 40. In prima istanza il testo dell’emendamento governativo sarà valutato dalla Commissione Bilancio di Palazzo Madama, e dopo questo parere si passerà al voto. Un emendamento che è a “costo zero”, per lo Stato, ed il cui scopo, come detto è quello di fare chiarezza nel mercato del lavoro a tempo indeterminato.

In breve, i lavoratori che sottoscriveranno un contratto a tempo indeterminato, sia che si tratti di giovani alla prima assunzione, che di lavoratori precedentemente inseriti nel mercato del lavoro che cambiano azienda o si inseriscono nuovamente dopo periodi di mancanza di contratto, non otterranno immediatamente le stesse tutele garantite agli altri dipendenti dell’azienda, ma solo con gradualità, ed in base all’anzianità di servizio. La regolazione di questa “gradualità”, non è contenuta nell’emendamento ma sarà resa nota dal Governo tramite i decreti delegati, che l?esecutivo emetterà dopo che avrà ottenuto da parte di Camera e Senato la relativa approvazione, ed è ancora in discussione, con alcuni scontri che si profilano sia da parte del gruppo dei centristi, che della minoranza del Partito Democratico. Il periodo transitorio previsto potrebbe avere una durata di 3 anni, ed al lavoratore sarà concesso in cambio, la possibilità di godere fin da subito del “sussidio di disoccupazione“, il Naspi, che verrà introdotto insieme alla riforma. Questo sussidio, nella bozza messa in cantiere dall’esecutivo, avrebbe una durata fissata in relazione ai mesi di lavoro effettuati dal dipendente nel corso dei 4 anni precedenti, e fissata alla metà, con un massimo quindi di 24 mesi. Per quanto riguarda l’importo si partirebbe con una cifra uguale per tutti, oscillante tra i 1100 ed i 1200 euro al mese, cifra, che poi è destinata a scendere gradualmente fino ad arrivare a 700 euro. Il Governo ha fatto sapere che la copertura per questo sussidio sarà ottenuta tramite una riforma che riguarda gli ammortizzatori sociali. Il dibattito su questo tipo di contratto sarà sicuramente un cammino ad ostacoli, vista l’opposizione delle minoranze e degli stessi Sindacati, che vorrebbero una maggiore chiarezza, ma Maurizio Sacconi, nella sua veste di relatore ha espresso “piena soddisfazione” per il lavoro sinora fatto.

Nello stesso tempo, lo stesso emendamento contiene modifiche anche ad altri due articoli dello Statuto dei Lavoratori, il 4 ed il 13. Per quanto riguarda l’articolo 4, si prevede che il divieto delle tecniche di “controllo a distanza” possa essere superato, mentre per il 13, viene introdotta la possibilità che l’azienda possa destinare il lavoratore a mansioni meno qualificate, in caso di necessità. In effetti il contratto a “tutele crescenti” era già previsto, ma solo come possibile opzione, mentre ora ne viene stabilita l’applicazione. Si introduce inoltre una norma che riguarda i cosiddetti “co.co.co”, che fissa un salario minimo anche per gli assunti con questo tipo di contratto, anche se in “forma sperimentale”.

Il voto sull’emendamento è previsto per domani, in modo che possa passare all’aula già il 23 Settembre ed avere il “via libera” nei primi giorni del mese seguente, in modo da rispettare la scaletta dei tempi prevista dal Governo, che si era detto pronto, in caso contrario, ad un intervento urgente, visto che sul tema lavoro, ha ribadito Matteo Renzi:

“Non si può perdere un secondo in più”.

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