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Truvada: quello che c’è da sapere sul nuovo farmaco anti-aids

A gran parte di coloro che lo leggono, il nome “Truvada” dirà poco o nulla. Si tratta del farmaco che combatte l’Aids, è stato prodotto dalla Gilead circa due anni fa, anche se nessuno spot l’ha pubblicizzato e solamente la scorsa primavera il “Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie” ha dato il suo ok al medicinale.

Come funziona, dunque, il Truvada? Partiamo dicendo che non è un sostituto del preservativo e i medici hanno voluto precisare che non rimpiazza gli altri sistemi di protezione e non riduce il rischio di contrarre altre malattie trasmesse per via sessuale. Il timore, infatti, è che possa incoraggiare comportamenti sessuali meno responsabili, con tutti i rischi che questi comportano.
La protezione garantita dal farmaco contro l’Hiv, inoltre, è valida solamente se Truvada viene assunto tutti i giorni, come hanno dimostrato i test condotti nel corso degli ultimi tre anni. Il rischio di contrarre la malattia si è infatti ridotto addirittura del 90% per coloro che hanno assunto quotidianamente il farmaco, mentre le persone a cui è stato somministrato con minore regolarità hanno comunque ridotto i rischi, anche se soltanto del 50%.
L’Aids ha raggiunto la massima diffusione durante gli anni Ottanta, quando venne bollata da alcuni assurdamente col nome di “cancro dei gay”. Naturalmente la malattia colpiva, e colpisce tuttora, in maniera indiscriminata uomini e donne, sia etero che omosessuali. Alcuni però sono ancora convinti che l’Aids sia una malattia legata esclusivamente al mondo omosessuale, anche perché la sua incidenza fra i gay è stata decisamente più pesante. È superfluo quindi aggiungere che il Truvada protegge chiunque sia esposto al rischio di contrarre la malattia ed è consigliato in modo particolare alle coppie nelle quali uno dei due partner è positivo all’Hiv.

Non tutto è oro quel che luccica: il Truvada può rivelarsi pericoloso per coloro a cui la malattia non è stata diagnosticata ma hanno già il virus in corpo. Il farmaco, infatti, ha dato vita ad un ceppo del virus capace di resistere ai farmaci. Per tale ragione il medico dovrà confermare se il virus nei pazienti è presente oppure no e poi documentare la loro evoluzione durante la somministrazione del farmaco. L’aspetto positivo è che, nei dieci anni di test finora sostenuti, sono stati rilevati pochi effetti collaterali, il più diffuso dei quali è stato la nausea. Il prezzo non è ancora alla portata di tutti, visto che in Italia una confezione contenente 30 pillole costa più di 150 euro. Ancor peggio vanno le cose per i cittadini americani non provvisti di assicurazione sanitaria: per loro il trattamento può arrivare a costare circa 14 mila dollari all’anno.
Il Truvada rappresenta senz’altro un rimedio valido contro l’Aids, ma trattandosi di una malattia così largamente diffusa, è ancora presto per cantare vittoria. Il virus colpisce in prevalenza detenuti, tossicodipendenti e prostitute, tutte categorie che non sempre riescono ad avere accesso alle cure. Per prima cosa, dunque, bisogna migliorare l’accesso ai trattamenti per queste persone, offrendo loro l’opportunità di sottoporsi ad esami e alle visite da parte dei medici e garantirgli la massima informazione possibile, in modo che vengano a conoscenza della possibilità di poter ridurre il rischio di contrarre l’Hiv grazie a questa pillola.
Una battaglia è stata vinta, ma per vincere la guerra serve maggiore prevenzione e informazioni alla portata di tutti.

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