Economia

I minimi e il forfettario, gli elementi discutibili delle nuove partite Iva

Tutto è pronto per l’introduzione delle nuove partite Iva. Il Parlamento ha inserito un nuovo emendamento del famoso decreto Milleproroghe, secondo il quale le persone fisiche pronte ad intraprendere un’attività durante quest’anno potranno valutare per quale regime optare. Le scelte possibili sono due: l’imposta sostitutiva al 5% con ricavi massimi di 30.000 euro, o quella al 15% con la soglia che oscilla tra i 15.000 e i 40.000.

La prima difficoltà riguarda il metodo per fare in modo che l’Agenzia delle Entrate sappia quale scelta venga intrapresa ai fini fiscali. Bisogna prima di tutto barrare la casella relativa al regime di vantaggio all’interno della dichiarazione che attesta l’avvio di una determinata attività. La scelta effettiva sarà ben visibile nel corso di Unico 2016, con la presenza di quadri differenti. Tutto ciò perché il regime dei minimi si basa sull’analisi della determinazione del reddito, mentre quello forfettario prevede una certa percentuale di componenti di tipo negativo. Per accedere a tali misure, bisogna seguire determinati requisiti.
Il regime forfettario converrà a chi lavora in maniera autonoma o gestisce un’impresa. Al tempo stesso, chi è pensionato e vuole intraprendere una nuova attività farà fatica a trarre benefici da tale regime.

Tutti gli elementi inerenti al regime agevolato si fondano su una particolare regola, in base alla quale chi intraprende una nuova attività e dichiara di aver incassato un ricavo eccessivo, non fa parte del periodo successivo d’imposta. Nella circostanza inerente ai minimi, bisogna accertarsi che la soglia non venga superata di più del 50% rispetto a quanto previsto all’inizio. In una situazione del genere, il regime agevolato andrebbe a cadere, mentre l’Iva aumenterebbe in misura esponenziale.

Sono molte le valutazioni da eseguire anche nella circostanza riguardante le imposte dovute, dato che la determinazione dell’effettivo reddito si fonda su diversi sistemi. Infatti se d’acchito potrebbe non esserci partita vista la maggiore convenienza della sostitutiva al 5% del regime dei minimi, occorre pur sottolineare che il 15% del nuovo regime comporta costi forfettari, mentre nel primo caso gli stessi vanno documentati. Inoltre a vantaggio del sistema forfettario, la possibilità, per i primi 3 anni, di un abbattimento di un terzo del reddito oltre, per commercianti e artigiani, alla facoltà di beneficiare di un regime contributivo agevolato che consente il pagamento dei contributi sganciato da alcun minimale fisso, limite che, in alcune occasioni, finisce per divenire un autentico problema.
Lato Iva, infine, i due regimi sono accomunati dal fatto di essere esclusi dall’addebito dell’imposta (e il conseguente divieto di detrazione) e dal versamento dell’Iva acquisti relativamente alle  operazioni interne soggette a reverse charge, con le uniche differenze che emergono in occasioni di operazioni con soggetti esteri,  in special modo nei casi di acquisti di beni intracomunitari. In quest’ultimo caso, infatti, la circolare 36/E/2010  ha specificato come mentre per il regime dei minimi parliamo sempre di operazioni intra necessitando del versamento Iva, nel forfettario, sino ad un limite di 10 mila euro annui, gli stessi acquisti non vengono computati come operazioni intracomunitarie.

 

Leave a Response