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L’ombra del traffico di esseri umani dietro il rapimento di quattro italiani in Libia?

C’è ancora grande apprensione riguardo la sorte dei quattro italiani rapiti in territorio libico, mentre stavano facendo rientro dalla Tunisia. I quattro erano dei tecnici al lavoro nell’Africa Mediterranea per una società di costruzioni parmense, la Bonatti, ed il loro rapimento è avvenuto nei pressi delle piattaforme della Mellitah Oil Gas Company, situate a circa una sessantina di chilometri dalla capitale Tripoli.

Filippo Calcagno, Salvatore Failla, Fausto Piano e Gino Pollicardo, questi i nomi dei quattro connazionali rapiti, sarebbero secondo le prime informazioni raccolte dall’intelligence finiti nella rete di un traffico di esseri umani che vede coinvolti diversi scafisti libici. Un’ipotesi ancora non confermata, ma che renderebbe complessa l’operazione di salvataggio alla quale pure la Farnesina si è immediatamente dedicata con tutte le sue energie.

Dai primi contatti presi dal Ministero degli Esteri italiano con gli 007 locali, sarebbe infatti particolarmente difficile risalire in breve tempo all’identità dei sequestratori. Per questo si sospetta di una rete di scafisti che, se coinvolta nel rapimento, secondo il modus operandi in queste situazioni non tarderebbe ad uscire allo scoperto, chiedendo un cospicuo riscatto per la liberazione degli ostaggi. L’ipotesi del traffico di esseri umani resta però viva, in quanto a loro volta gli ostaggi potrebbero passare di mano, coi gruppi criminali attivi nella zona libica di Zuara (dove ora i nostri connazionali dovrebbero trovarsi, secondo le informazioni a disposizione dell’intelligence) che spesso si rendono protagonisti di azioni di questo tipo.

In questo caso, anche individuare la zona dove gli ostaggi sono reclusi potrebbe non essere sufficiente, se nel frattempo i rapitori li avranno trasferiti nelle mani di altri banditi. Il che aumenterebbe anche il rischio per l’incolumità dei quattro italiani: oltre a quella dei banditi locali, non si escludono però anche altre piste come quelle del terrorismo, e di una possibile azione dell’Isis che da tempo avrebbe preso di mira obiettivi sensibili del nostro paese. Scenari difficili da valutare, in un paese come la Libia frammentato tra diversi gruppi di potere, in cui a Tripoli bisogna confrontarsi con un certo tipo di interlocutori, trovando invece altri a Tobruk, a causa dell’instabilità politica nella quale il paese è sprofondato da tempo.

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