Cronaca

Domenico Maurantonio: la Procura sequestra i cellulari di alcuni compagni

SVOLTA NELLE INDAGINI? – Dopo una serie di illazioni e smentite che, negli scorsi giorni, hanno fatto paventare l’ipotesi che possa non essersi trattato di una tragica fatalità, c’è una svolta nelle indagini circa la morte di Domenico Maurantonio.

Il 19enne, lo scorso 10 maggio, si trovava in gita a Milano per l’Expo ed è morto in circostanze non ben chiarite, precipitando da una delle finestre al quinto piano dell’hotel ‘Da Vinci’ dove la scolaresca padovana alloggiava. In attesa di esprimere un giudizio sull’esito degli esami medico-legali e tossicologici sul corpo del ragazzo, gli investigatori della Procura di Milano hanno disposto il sequestro dei cellulari dei compagni di classe.

La svolta è arrivata a seguito delle analisi sul telefono di Domenico, dalle quali è emerso che, attorno alle 5.30 di quella mattina, il ragazzo avrebbe inviato -via chat- un messaggio a un amico, quindi poco prima dell’ora del probabile decesso.

I DUBBI DELLA FAMIGLIA – Da quanto si apprende, il sequestro è stato disposto nei giorni scorsi al termine dell’ultima sessione di interrogatori. I cellulari sequestrati sarebbero unicamente quelli dei compagni di classe coinvolti nelle vicende di quella notte: gli inquirenti ora verificheranno, a partire da telefonate e messaggi sms, se vi siano elementi utili per ricostruire meglio le ultime ore di vita dello studente padovano e quelle immediatamente successive.

A seguito di alcune incongruenze emerse dalle ricostruzioni, la Procura ha perciò deciso di eseguire analisi più approfondite anche sulle comunicazioni WhatsApp: la convinzione non solo di chi conduce le indagini, ma pure della famiglia della vittima, è che è impossibile che nessuno abbia visto o sentito nulla.

A tal proposito, Bruno Maurantonio, il padre del ragazzo, ha detto:

“Certamente non si è trattato di suicidio ma nemmeno di incidente. Cadere da quella finestra per errore è impossibile’, aggiungendo anche una nota di amarezza per la presunta omertà di alcuni compagni. “Pensavo che qualcuno parlasse, a due settimane da quella notte terribile. E invece nulla”, ha chiosato.

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