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Melania Trump, nuova bufera: dubbi sulla laurea in architettura della moglie di Donald

Nuove ombre su Melania Trump a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. Dopo le critiche per il presunto plagio del discorso di Michelle Obama, nel mirino dei media americani è finita la carriera universitaria della terza moglie del candidato alla presidenza degli Stati Uniti. La Trump, all’anagrafe Melania Knauss, aveva dichiarato attraverso il suo sito ufficiale di aver conseguito in Slovenia la Laurea in Architettura e Design; in realtà, secondo quanto emerso dalle stesse parole della donna, il corso di studi non sarebbe mai stato completato.

I dubbi sulla carriera universitaria della Trump erano già emersi qualche mese fa per una serie di dichiarazioni controverse. In un’intervista alla MSNBC, concessa lo scorso Febbraio, Melania aveva dichiarato di aver conseguito il titolo di studio presso l’Università di Lubiana. Due mesi dopo, però, la bella slovena aveva in parte ritrattato, dichiarando al mensile GQ di aver interrotto gli studi prima della laurea per spostarsi prima a Milano e poi a Parigi ed intraprendere la carriera di modella professionista.

A confermare i dubbi è anche quanto accaduto al suo sito web ufficiale. Fino a qualche giorno fa, infatti, all’indirizzo melaniatrump.com si poteva visionare un dettagliato curriculum professionale che comprendeva anche la laurea in questione. Ora, però, il sito non è più accessibile e digitando l’indirizzo si viene dirottati sul sito ufficiale della candidatura del marito Donald. Attraverso il suo account Twitter Melania ha voluto spiegare il motivo della chiusura del suo sito ufficiale:

“il sito in questione è stato creato nel 2012, ma ora è stato rimosso perché non rispecchia più con precisione le mie attività ed i miei interessi professionali.”

Di certo il polverone si solleva in un momento già delicato per l’immagine della Trump, scossa dalla polemica sul discorso pronunciato alla convention repubblicana di Cleveland. Un discorso che presentava troppe somiglianze con quello pronunciato da Michelle Obama alla convention democratica del 2008. In quel caso, però, ad assumersi la responsabilità era stata la sua ghost writer; questa volta sarà più difficile addossare ad altri la responsabilità di quanto accaduto.