Economia

Scuola: pochi laureati e mal pagati, solo Cile, Turchia e Brasile peggio di noi

I dati del rapporto “Ocse Education at a Glance” riguardanti l’Italia evidenziano una realtà singolare: nel nostro Paese investire denaro e tempo per arrivare alla laurea serve, ma soltanto fino ad un certo punto. E comunque serve decisamente meno rispetto a molti altri Paesi.

Le statistiche sono impietose sotto questo aspetto e  ci dicono che nel Bel Paese un giovane su quattro non va oltre la terza media e soltanto uno su cinque completa il suo percorso di studi fino alla laurea. Rispetto all’Italia, solamente tre nazioni hanno numeri peggiori in fatto di laureati: si tratta di Turchia, Cile e Brasile. In sostanza gli studenti italiani non puntano con troppa convinzione alla laurea, forse anche perché scoraggiati da altri numeri: i laureati disoccupati nel nostro Paese sono il 16%, mentre la media Ocse si attesta al 5,3%. Una differenza davvero significativa.
In linea generale un alto livello di istruzione comporta maggior benessere, non soltanto per l’individuo ma anche per la società; elevata istruzione, infatti, significa maggior partecipazione, più salute, alto tasso di occupazione e guadagni più sostanziosi. Ecco perché l’impegno comune degli ultimi decenni ha fatto sì che si puntasse forte, attraverso degli incentivi, sull’istruzione e il trend è positivo nella gran parte dei Paesi Ocse, dove quattro giovani su cinque possono vantare un titolo di scuola superiore e il 40% dei giovani adulti possiede una laurea o un titolo equivalente. Meno del 20%, invece, ha soltanto una qualifica elementare.
A stupire le notevoli differenze fra i vari Paesi: Corea, Irlanda e Canada si trovano molto sopra la media, mentre Italia, Austria, Messico, Portogallo, Turchia e Germania navigano ben 10 punti percentuali al di sotto della media. La laurea è stata ottenuta solo dal 23% degli italiani in età compresa fra i 25 ed i 34 anni, il 50% è riuscito a completare la scuola superiore e il 17% ha interrotto gli studi dopo la licenza media o quella elementare.

Inutile sottolineare poi come, nonostante Italia, Messico, Austria e Germania si trovino nel medesimo gruppo, la situazione fra questi Paesi sia ben diversa. In Germania e Austria il sistema di formazione professionale è robusto e quindi capace di assorbire circa il 60% di giovani adulti, ciò significa che ci sono meno laureati, ma un numero maggiore di tecnici qualificati. In Italia, così come in Messico, Turchia e Portogallo, questo non avviene.
Il rapporto Ocse ci dice anche che fra il 2000 ed il 2013 c’è stato un incremento del 10% per quanto concerne i titoli di studio di livello superiore. Circa un terzo di giovani cittadini possiede una laurea nel cassetto. A discostarsi da questi dati, ancora una volta, è l’Italia che detiene il più alto numero di Neet, vale a dire “Not in Education, Employment or Training“: il 30% dei suoi giovani al di sotto dei trent’anni sono inattivi, disoccupati ed esclusi dal giro della formazione. La percentuale più alta si registra in Turchia, 36%, unica nazione però ad aver fatto segnare un calo rispetto ai dati del 2005, quando questa percentuale arrivava a toccare il 50%. La media Ocse si attesta intorno al 18%, con la Germania che è uno fra i Paesi più virtuosi e con il suo 10% si trova ben al di sotto della media.

Una parte della ricerca è dedicata a coloro che affiancano il lavoro allo studio: in molti Paesi viene considerato normale lavorare mentre si studia, non lo è affatto in Italia dove i giovani impegnati nello studio difficilmente lavorano. Meno del 5% di questi giovani lavora per circa dieci ore alla settimana, mentre i coetanei di Stati Uniti, Canada e Islanda che lavorano sono addirittura il 50% e buona parte di questi arriva a lavorare sino a 34 ore alla settimana. Nella maggioranza dei Paesi è simile la condizione di Neet fra donne e uomini, con una differenza a svantaggio delle donne che sale al 25% in Turchia e Messico. Le donne comprese fra i 25 ed i 34 anni sono in genere più istruite degli uomini nella medesima fascia d’età: le donne con una laurea sono, infatti, il 46% contro il 34% degli uomini. La percentuale, però, si ribalta completamente parlando di lavoro: l’80% degli uomini risulta occupato, mentre le donne con un lavoro raggiungono il 66%.
In conclusione l’Italia si mantiene ad un buon livello quando si parla di scuola, mentre mostra la sua debolezza emerge palese nel legame fra educazione e mondo del lavoro; in particolare l’università si rivela decisamente lontana dall’ambito professionale.
Altro punto debole è la formazione dei disoccupati: la differenza con Germania e Austria sta lì a dimostrarlo. Tutto ciò nonostante siano stati spesi negli ultimi anni molti soldi da questo punto di vista, senza però ottenere miglioramenti significativi.

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