Economia

Il Jobs Act è legge: ecco cosa cambia con l’addio dell’articolo 18

Il grande giorno è finalmente arrivato; dopo mesi di scontri con i Sindacati e con le altre forze politiche, di rinvii e di modifiche, di speranze e di delusioni, il Jobs Act è divenuto realtà.

Dopo essere passato al Senato, infatti, è riuscito a trasformarsi in legge, qualche ora fa, grazie al voto positivo delle Camere. Questo nonostante fossero iniziate a circolare voci che parlavano di ulteriori 76 emendamenti, per i quali già si prospettava una nuova richiesta di fiducia. Trattandosi, comunque, di un disegno di legge delega, saranno i successivi decreti legislativi ad esprimere in maniera più chiara tutte le novità contenute.
In sostanza, sono 5 gli ambiti che vedranno diversi cambiamenti, sui quali il Governo si troverà a dover intervenire. Il principale, soprattutto per il caos venutosi a creare in questi ultimi mesi, è certamente quello che riguarda contratti e licenziamenti. In particolare, sarà la disciplina del contratto a tutele crescenti ad avere la priorità, con un aumento delle garanzie in base all’anzianità aziendale; con ogni probabilità verrà anche aumentato l’indennizzo che spetta a chi è oggetto di licenziamento disciplinare. Altre misure riguarderanno il demansionamento in azienda e il compenso orario minimo.
Ovviamente, grande importanza riveste anche il decreto sui nuovi contratti di assunzione, che ospiterà anche le disposizioni relative ai licenziamenti (che finiranno per cambiare l’articolo 18), vero oggetto del contendere in questi ultimi mesi tra Governo e sindacati. In base a quanto emerso dall’ultima versione del ddl, non verranno cambiate le disposizioni i merito ai licenziamenti discriminatori (mantenendo il diritto al reintegro), mentre varieranno quelle relative ai licenziamenti economici (il reintegro non sarà più valido). Verranno cambiati anche gli indennizzi in caso di licenziamento, attraverso un decreto ad hoc; in particolare, le mensilità da corrispondere scenderebbero da 36 a 24 (in pratica, per ogni anno trascorso in azienda verrebbe calcolato un mese e mezzo di stipendio). Il tetto delle mensilità calcolate dovrebbe essere posto a 6.

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Un capitolo molto delicato è anche quello che ha per oggetto gli ammortizzatori sociali; si tratta, infatti, dell’unico ambito nel quale lo Stato ha la necessità di stanziare dei fondi aggiuntivi rispetto a quanto previsto. Il primo aspetto da sottolineare è che la cassa integrazione non potrà essere riconosciuta ai lavoratori di un’azienda che è costretta a cessare la propria attività. Inoltre, molto probabilmente si assisterà ad una integrazione tra l’Aspi e la mini Aspi, che porterà alla creazione di un nuovo ammortizzatore, la Naspi, un sussidio universale che dovrebbe essere rivolto anche ai precari.
In tema di maternità, verrà introdotto il diritto alla maternità anche per le lavoratrici che hanno un lavoro precario; si tratta, infatti, di un punto che Renzi ha sempre ritenuto fondamentale. Ma le novità non sembrano finire qui, se è vero che il Governo ha in programma nuove concessioni in merito alla possibilità di cedere dei giorni di ferie tra gli stessi dipendenti, ipotesi già ventilata nei mesi scorsi; questo potrà avvenire qualora un lavoratore manifesti la necessità di assistere un minore, oppure in caso di particolari problemi di salute. Ulteriori misure relative al lavoro saranno quelle volte alla promozione del telelavoro.
Infine, verrà istituita l’Agenzia nazionale dell’occupazione, verranno introdotti incentivi per garantire una maggiore imprenditorialità e una diminuzione della disoccupazione, oltre al rafforzamento dei servizi per l’impiego.

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