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La mattanza dei Rohingya: l’allarme di Medici Senza Frontiere

Da quando sono scoppiate le violenze nello Stato Rakhine, Medici Senza Frontiere ha attestato la morte di 6700 Rohingya in un solo mese, ovvero tra il 25 agosto e il 24 settembre 2017. Bisogna tener presente che questo bilancio non solo è drammatico, ma è anche in difetto, poiché i Medici Senza Frontiere non hanno potuto visitare e prestare soccorso a tutti i campi profughi nel Rakhine, quindi presumibilmente il numero dei decessi è molto più alto.

La data da cui ha inizio il bilancio non è casuale, ma rappresenta l’inizio degli attacchi dell’esercito e della polizia del Myanmar, nei confronti dell’Esercito per la salvezza dei Rohingya (ribattezzato esercito della salvezza), durante l’operazione di sgombero nello Stato Rakhine. Il direttore di Medici Senza Frontiere in Bangladesh, Sidney Wong, ha infatti affermato:

“Abbiamo incontrato e parlato con i sopravvissuti delle violenze in Myanmar e ciò che abbiamo scoperto è sconcertante. È davvero alto il numero di persone che ha riferito di aver perso un componente della famiglia a causa della violenza, a volte nei modi più atroci. Il picco di morti coincide con il lancio delle operazioni da parte delle forze di sicurezza del Myanmar nell’ultima settimana di agosto.”

Paradossalmente, il Paese è sotto la guida del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, ma nonostante questo non si placano le violenze nei confronti dei rifugiati Rohingya nella Repubblica Popolare del Bangladesh.

Le cause delle morti sono da attribuire alle numerose violenze in Myanmar. Tra tutti i morti, si contano oltre 1000 bambini, colpiti da armi da fuoco, dall’esplosione delle mine o addirittura sono morti per le violente percosse infertegli; non bastavano le torture e gli strazi dei rifugiati che vivono nei campi profughi sovraffollati, le cui condizioni igieniche sono davvero scarse.

Sempre il direttore Wang ha affermato:

“Il numero totale dei decessi è probabilmente sottostimato perché MSF non è riuscita a condurre indagini in tutti i campi profughi in Bangladesh, otre a non essere riuscita a intervistare i Rohingya ancora in Myanmar. Abbiamo sentito parlare di intere famiglie morte nelle loro case a cui era stato dato fuoco”.

Papa Francesco, dal canto suo, ha chiesto a tutti i rifugiati di perdonare il mondo per l’indifferenza ai Rohingya affermando che “Dio oggi si chiama anche così: Rohingya”, pregando per tutte le vite spezzate e per tutti i rifugiati, affinché possano tornare presto ad una vita normale.

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