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Debutto con sconfitta per Metta World Peace, ecco chi è il discusso fenomeno (o ex) sbarcato a Cantù

Ron Artest, Metta World Peace, o come si fa chiamare adesso, “The Panda’s Friend”, ha esordito ieri sera nel campionato italiano di basket con la Pallacanestro Cantù di Pino Sacripanti, nella gara disputata al PalaCarrara di Pistoia, contro la formazione di Moretti. Nonostante la limitata autonomia ha fornito una buona mano alla sua formazione, che ha perso solo nel supplementare con un canestro a rimbalzo di Easley proprio nei secondi finali. Per il campione americano 16 punti e tanta intensità, soprattutto in fase difensiva.

Ron Artest ha 35 anni, ed è nato a New York; nel corso della sua carriera NBA è stato campione con i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant ed ha vinto anche il titolo di miglior difensore dell’anno della lega professionistica americana, ma è ricordato anche per il suo carattere molto irascibile e per le risse che ne hanno caratterizzato la carriera, che sarebbe potuta essere anche di più alto livello rispetto a quanto è stata. Anche se quel che è certo è di come il campionato italiano, che lo ospiterà sino a fine stagione, abbia acquistato con lui un grande campione ed anche un personaggio che attira il grande pubblico degli appassionati, come è già successo a Pistoia.
Dopo essere cresciuto a New York, Artest per tre anni giocò nella squadra universitaria della Saint John’s University, ottenendo buone prestazioni, tanto che nel 1999 venne scelto al “draft” da una squadra come i Chicago Bulls. Nella formazione che fu anche di Michael Jordan, Artest rimase per due stagioni, con buoni risultati per un “rookie”, 12 punti di media in 31 minuti di utilizzo.
Poi il passaggio agli Indiana Pacers, squadra con la quale il suo nome divenne ancora più famoso. Con la franchigia di Indianapolis riuscì a tenere, fino al campionato 2003-2004 una media oltre i 15 punti per gara, entrando nella selezione Est dell’All Star Game e vincendo il titolo di miglior difensore. Ebbe modo però di farsi notare anche per il suo carattere: in un paio di occasioni ebbe delle “discussioni” abbastanza accese con Pat Riley, allenatore di Miami ed in un’altra, dopo una sconfitta contro i Knicks, riuscì a distruggere una telecamera per le riprese. Sanzionato per queste intemperanze dalla NBA, con la sua fama come giocatore, crebbe anche quella di attaccabrighe, ed il suo nome venne accostato a quello di un altro giocatore “eccentrico”, Dennis Rodman.
In una gara contro i Celtics, fece scalpore il suo gesto di tirare giù i pantaloncini a Paul Pierce pur di fermarlo. Grazie al suo fisico possente ed al suo gioco in uno contro uno, specialmente nella posizione di “post basso”, Artest riuscì comunque a disputare nell’annata seguente un’ottima stagione, poi nel Novembre del 2004, avvenne quella che venne definita la rissa più “tremenda” dell’intera storia del basket professionistico. Si giocava al “Palace” di Auburn Hills, a Detroit, tra i Pistons ed i Pacers, due ottime squadre, che nella stagione precedente si erano incontrate nella finale di Conference, In quella occasione avevano vinto i Pistons, che poi si erano aggiudicati anche il titolo NBA, ed in gara 6, quella decisiva, c’era stato un brutto fallo, un pugno, da parte di Artest nei confronti di Hamilton, una della stelle della formazione avversaria, che comprendeva anche Rasheed Wallace, Chauncey Billups, e Ben Wallace. Anche i Pacers non erano da meno potendo schierare Reggie Miller, Stephen Jackson e Jermaine O’Neal. Tra le due franchigie questo aveva portato ad una certa rivalità, e la partita di Novembre fu abbastanza tesa fin dall’inizio, con i Pacers che dopo aver preso il comando lo mantennero sino alla quarta frazione, quando Hamilton rifilò una gomitata a Tinsley, giocatore dei Pacers. Questo fece salire la tensione e ci furono discussioni e proteste da entrambe le parti, poi una spinta di Ben Wallace contro Artest che finì contro il supporto del canestro.
I Pacers erano comunque nettamente avanti a 46 secondi dalla fine sul punteggio di 97 – 82 quando accadde il fattaccio. Wallace va a canestro e subisce fallo proprio da Artest che non intendeva lasciarlo segnare facilmente, reazione di Wallace con una spinta e ciò provocò l’arretramento di Artest per molti metri fino al tavolo dove si trovavano i segnapunti. Con arbitri e giocatori che si intromisero per dividere i contendenti, Artest inspiegabilmente si mise si mise sul tavolo con delle cuffie in testa parlando in un microfono spento. Una provocazione goliardica con molti che cercavano di dividere, quando l’intervento di un tifoso che tirò ad Artest un bicchiere di Coca Cola ghiacciata, scatenò il finimondo, con una zuffa con i tifosi di cui fece le spese anche un commentatore che si trovava dietro il tavolo, con cinque vertebre fratturate.
Alla fine i giocatori vennero scortati fuori dal parquet, mentre in campo volava di tutto. Dopo la rissa le sanzioni della NBA con multe pesantissime e squalifiche per 10 giocatori coinvolti; la sanzione più pesante naturalmente per Artest, squalificato per 86 partite e multato per quasi 5 milioni di dollari. Il giocatore, che stava giocando con una media di 25 punti a partita, e dopo il suo rientro, nella stagione successiva, i Pacers lo cedettero a Sacramento, in cambio di Stojakovic. Nella sua prima stagione ai Kings, li portò ai playoff, ma nelle due seguenti, la sua stella sembrò calare e nel 2008 passò ai Rockets. Con i Texani riuscì ad arrivare alla finale di Conference con i Lakers, che l’anno successivo lo vollero nelle loro fila.
Nella squadra che comprendeva già Kobe Bryant e Pau Gasol, Artest dette un buon contributo per la conquista del titolo, segnando 20 punti nella decisiva gara 7 contro i Celtics, con una tripla impossibile, ma decisiva nel finale di gara.
Nel 2011, arrivò il cambio di nome, in Metta World Peace, poi giocò con i Lakers fino al 2013. Anche con i Lakers fu protagonista di alcune situazioni poco felici, come quando dette una gomitata ad un avversario, James Harden, degli Oklahoma City Thunder, mentre stava esultando dopo una schiacciata.

Ron Artest è ricordato anche per aver messo all’asta il suo “anello” di campione NBA, ricavando la cifra di 650 mila dollari, poi destinata  in beneficenza. La sua carriera nella NBA si è chiusa nella stagione 2013, quando ha giocato per circa metà stagione nei New York Knicks. Poi alcuni mesi in Cina nel 2014 ed ora l’approdo in Italia, a Cantù, che dovrebbe aiutare a conquistarsi una posizione nei playoff.

 

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